DIETRO UNA GRANDE DONNA C’E’ SEMPRE UNA GRANDE MAMMA?
Sì, me lo sono chiesta ieri mentre ero ad un convegno sull’imprenditoria femminile.
Cosa c’entrano le mamme?
Sul palco, un’imprenditrice nata per caso, nel senso che il marito amava progettare oggetti particolari: il marito ha creato l’idea e si è lanciato nella progettazione e lei gestiva la parte amministrativa dell’azienda.
Un’altra aveva ereditato l’azienda dal padre.
Un’altra con il marito aveva iniziato la gestione di una cooperativa sociale che poi si era allargata, diventando poi vicepresidente di una grande associazione a livello nazionale.
Un’altra, era stata assunta dal marito, proprietario dell’azienda, e poi ne era diventata la moglie; la gestione pian piano era passata nelle sue mani.
Grande elogio di mariti, padri.
E le madri?
Sono scomparse.
Le mamme sono emerite comparse.
Ma quando si tratta di badare ai figli, ai nipotini…, compaiono meravigliosamente en passant come piccole maestrine, come baby sitter nostrane, come educatrici ruspanti…
Insomma, mi sono chiesta se un po’ di merito ce l’avevano anche le loro mamme…
e parto già da una mia considerazione personale:
DIETRO UNA GRANDE DONNA C’È SEMPRE UNA GRANDE MAMMA
Un viaggio in Inghilterra
Continua il mio racconto.
Non si riesce mai a capire il limite…
“… il “Ruolo del Salvatore” si caratterizza per una apparente, esagerata generosità; per un aiuto “fuori misura” che, proprio perché tale, risulta ingannevole. Sembra infatti un gesto eroico, straordinario, ma ad un esame più approfondito – sia per quanto riguarda le sue motivazioni, sia per quanto riguarda i suoi esiti – si rivela invece di segno nettamente contrario…” (da Andrea Canevaro)
Qui il racconto fino a questo post.
continua dal post precedente
Ma le giornate erano ancora più dure quando la sera doveva affrontare Roberto, che l’aspettava e voleva riaccompagnarla a casa.
Si fermava proprio davanti l’uscita del locale con la sua macchinona ad aspettarla per tutta la serata.
Le sue compagne l’ammiravano, credendo ne fosse lusingata ed invece doveva salire in macchina se non voleva che Roberto cominciasse ad urlare o a tempestarla di telefonate; si faceva accompagnare, ma non gli dava niente in cambio.
La tormentava, ma sapeva tenergli testa e lo rassicurava.
“Stasera qualcuno ci ha provato?”, le chiese Roberto anche quella sera, con quel tono che non le piaceva, da padrone.
“No, lo sai che Carlo li sistema se si azzardano a toccarci”. Si riferiva a Carlo, il gestore del locale, che veramente ci teneva che tutto fosse in regola. Se poi qualche ragazza ci stava, quello era un affare che non lo riguardava. Per lo meno con lei non aveva fatto nessuna allusione a tentativi di prostituzione, però sapeva che altre ragazze si fermavano dopo la serata con alcuni uomini. E la cocaina girava tranquillamente nel locale.
“Non voglio che fai questo lavoro. Se mio padre lo venisse a sapere…”, insisteva Roberto con aria rammaricata..
“Smetterò quando mi assumeranno al nido, lo sai che non voglio pesare sulla mia famiglia”
“Non capisco questa tua testardaggine, ti potrei aiutare anch’io”, le diceva dolcemente. Faceva praticantato nello studio del padre, i soldi per lui erano un’appendice naturale.
I tuoi cazzuti soldi …
“Sì, lo so, ma non voglio”, e sperava che quel discorso morisse.
Credeva di riuscire a domarlo, di gestirlo e non capiva di esserne la vittima.
Roberto l’accompagnò a casa. Ormai si era investito nella parte di fidanzato e al di là del bacio non tentava nessun approccio, come se la dovesse mantenere illibata. A lei era indifferente, accettava i suoi baci come una pena da pagare, come via per l’assoluzione, come mezzo d’inganno.
I fari della macchina nel buio della notte disegnavano strani paesaggi di fantasmi e di paure irrisolte.
Quella sera però era davvero stanca. Si ricordò di Neal, chissà cosa stava facendo in quel momento…
***
Neal si svegliò. Si alzò per guardare in giro.
“Alessia…”, provò a chiamarla, ma sapeva già che non c’era.
Diede un rapido sguardo in salotto e poi entrò in bagno. Sentì l’odore acre del vomito.
Si ributtò nel letto. Maledizione! Perché se n’era andata?
E ripensava alla dolcezza dei baci, degli abbracci prolungati.
Guardò l’orologio, erano le cinque e mezza del pomeriggio. Ormai non riusciva a combinare più niente. Si fece una doccia veloce e uscì, diretto all’Università.
Voleva passare nel suo ufficio, doveva ancora preparare la lezione per il giorno seguente. Era l’ultima lezione prima della pausa estiva e poi sarebbe iniziata la lunga serie di conferenze in giro per l’Italia e in Inghilterra.
Era soprappensiero sulle scale della facoltà, quando incrociò una personcina.
“Neal, finalmente!”, le gridò la ragazza dal caschetto nero che si trovò davanti.
“Ah, sei tu …”, le rispose Neal, come se fosse una cosa scontata da ritrovare.
“Finalmente! Sono appena passata per il tuo ufficio e non rispondevi al cellulare, dove ti eri cacciato?”, lo guardò con attenzione.
“Sono passato un attimo a casa e poi mi sono ricordato che dovevo ancora finire di preparare una lezione…”, cercò di sfuggire lo sguardo di Cristina…
(CONTINUA)
*la foto è tratta dal web e non ha alcuna attinenza con il racconto e il contenuto del post.
le mamme si dimenticano quando c’è clamore e si ricordano quando c’è bisogno
è il nostro destino
buongiorno EmmaGiulia
è stato troppo breve il capitolo di oggi
uff
:-))))
sono impaziente
di leggere la prossima svolta
:-)mandi
Non avendo figli penso a mia madre che si poteva impegnare un po’ di più. Rido.
Valla a capire la testardaggine delle donne. Vai anche a capire il loro livello di sopportazione al dolore. Dolore non solo fisico, s’intende.
superfluo commentare la prima parte… è così! questo mondo maschile non mi va…
… fatti però!
(non è voce del verbo fare… ndr)
il racconto va avanti come un puzzle che si completa e di cui avevamo poche tessere…
(ogni tanto mi piace parlare come il mago Otelma… ndr… lo possino!!! dr)
do you know Alessia? mi parrit ca giai!
vi-i?
ripassati le particelle pronominali, va…
Mia madre vive in un oblio solo suo. A volte scende tra noi mortali ma poi, scoraggiata, se ne torna via.
Ho qualche domanda e qualche considerazione.
Domanda: Perchè hai messo questa foto se non ha alcuna attinenza col post?( spero non mi risponderai “fatti i fatti tuoi” ah,ah
Considerazione: Hai ragione, ma è la mia età che mi spinge a descrivere sentimenti “vissuti”.A volte mi chiedo se sarei mai in grado di descrivere un amore adolescenziale o giovanile come fai tu.
Commento al post :Dici che una donna per essere in carriera deve avere anche una “grande”madre alle spalle?
Commento al racconto: Volevo leggerlo tutto insieme, ma ogni tanto do una sbirciatina…Ciao.
Ammiro te, e per mio conto odio, questo sistema di postare a pezzi. Son certo verrà un ottimo romanzo, perché ottimo è già ora con un intreccio degno di nota. Ma con questo tuo sistema io non riuscirei, io DEVO poter ricollegare il tutto e tuffarmi dentro l’insieme più e più volte.
Complimenti Giulia. Dalla prima volta che ho letto cose tue sei volata in alto.
Le mamme? mah! io vorrei solo dimenticare e rinascere di nuovo…
La tua precisazione sulle grandi donne mi è piaciuta, perché condivido.Allora tutto ok. Buonanotte
Modo barbaro? ma cosa dici; è solo che tu hai la capacità di farlo e io no.
Grazie del commento.
Bellissimo questo scrivere a puntate e in diretta e poi che scrittura!
complimenti Giulia
fabia
Bello il tuo scrivere in questo racconto,
complimenti Giulia.
Buon 25 aprile da Giuseppe.
Naaah… sei fuorissimissimo strada! Io, dell’Inter?
La residua energia per il tifo che mi rimane è tutta per una squadra dal glorioso passato e pochissimo presente. Talmente poco… che è presente solo in serie B: Il TORO!!!
buongiorno EmmaGiulia
🙂
Una grande mamma ci vuole sempre per plasmare una donna o un uomo, e questo a prescindere se poi nella vita diverranno donne in carriera o uomini rampanti.
Non ci penso nemmeno un secondo, se mi viene chiesto, ad ammettere che nella mia formazione la figura materna è preminente.
Un caro saluto.
haffner