Si parla di mattanza, di sfruttamento del corpo delle donne, di cultura e sottocultura che ha portato ad uno svilimento della dignità della donna.
Ma guardiamoci un po’: la cosiddetta dignità quando è stata mai raggiunta?
Guardate il linguaggio, come si dimentica della nostra esistenza.
Oh, oh… chiamiamo un’avvocata? Una magistrata? Una sindaca?
Guardate la politica, come ci offre il contentino.
Conciliazione dei tempi di vita, un bel modo per dirci che dobbiamo districarci tra mille cose.
Guardate il mondo delle relazioni, come ci annienta.
Che bel posticino la famiglia, dove si consumano i delitti più efferati!
E potrei continuare…
E nella nostra cosiddetta cultura occidentale.
Oggi ne raccogliamo i frutti: omicidi continui di donne, che si ribellano al proprio padrone.
Ogni lettura che ne diamo cerca in effetti di nascondere quello che ci appare come impossibile, perché lo schiavo difficilmente riesce a spezzare le proprie catene.
Ringrazia il padrone quando riceve apprezzamenti, lo odia quando viene svilito.
Quando a lui si rivolge, dimostrandogli considerazione, pende dai suoi occhi, da un gesto di gentilezza.
Lo schiavo accetta tutto dal momento che riconosce l’altro come padrone.
Poi arriva un momento inatteso, un attimo quando vede il dubbio nell’altro, lo trova in se stesso, e vede il padrone qual è: inutile e disarmato perché il servo è indispensabile al padrone. Senza un servo non esiste un padrone.
Questo può accadere solo nel momento della consapevolezza nelle proprie forze, nel desiderio di libertà che permea ogni persona.
È uno svelamento che non arriva senza conseguenze. Lo schiavo disobbediente deve soccombere, un altro presto lo sostituirà, ancora più mansueto perché conosce la fine predestinata in caso di disobbedienza.
I padroni si uniscono, trovano giustificazione al loro potere e disgregano i servi, rendendoli nemici tra di loro, premiando alcuni anziché altri. Certi casi in politica vi fanno venire in mente qualcosa, alcune seggiole riservate?
Possiamo ripercorrere tutta la storia dalla notte dei tempi. Forse esisteva un tempo in cui le donne avevano la supremazia, l’uomo aveva però dalla sua la forza della natura che l’ha reso potente, agile. E forse alle donne manco interessa il potere, ma desiderano una condivisione di pace, di obiettivi da raggiungere insieme.
Stiamo andando verso una società che della forza fisica ora non sa che farsene. Le donne cominciano ad esserne consapevoli.
Cominciano le ribellioni.
E gli omicidi.
L’ULTIMO VIAGGIO
Quante volte avevano litigato in quei giorni?
Non riusciva a capire tutto quel livore. Aveva dentro un’irrequietezza che la portava ad osservare ogni piccola imperfezione nel comportamento del compagno.
L’amore cominciava ad appannarsi, anzi iniziava a dubitare dell’esistenza dell’amore.
Le sue richieste erano pressanti, non si adeguava ad esse, bramava la libertà.
Quel viaggio verso quella piccola cittadina della laguna veneziana era stato programmato casualmente, tanto per vivificare un noioso week-end ripetitivo.
Il viaggio si consumò nel silenzio e non era certo un silenzio ieratico, quanto piuttosto il sintomo di una insoddisfazione latente, pronta a scoppiare al minimo accenno di irritazione.
Quando era iniziato tutto questo?
L’aveva conosciuto all’Università quattordici anni prima.
Avevano pianificato tutto, lo studio, il lavoro.
A trent’anni non erano ancora decisi ad affrontare una vita insieme ma vivevano a casa dei genitori, e d’altra parte stavano bene, potevano lavorare, divertirsi, viaggiare senza quelle piccole preoccupazioni quotidiane che tolgono il respiro, che usurano il rapporto divorandolo piano tra le inerzie e contrattempi che la vita in comune offre ogni giorno, miserabili incombenze che rovinano la bellezza del vivere insieme, del condividere lo stesso letto, della passione amorosa notturna, diurna e magari anche pomeridiana.
Oh, non solo sesso!
La condivisione di due anime si nutre di qualcos’altro. Uno sguardo offerto in un momento di sofferenza, la felicità di una risata insieme, un consiglio disinteressato, un abbraccio che toglie il fiato.
E sapere che non sei sola o solo.
Che c’è qualcuno che ti ama, per quello che sei e niente di più.
Che ti ama, non perché sei bella o intelligente, o entrambe o ancor di più o per qualcos’altro, ma che ti ama per come sei.
Irrimediabilmente.
Da quando erano insieme non aveva incontrato nessun uomo più bello del compagno, o forse l’aveva incontrato ma non si era resa conto della bellezza. Lo guardava e lo vedeva affascinante e intelligente più degli altri.
Poi successe qualcosa che non pensava sarebbe mai capitato.
Di notte.
Il suo corpo rispondeva sempre al desiderio del compagno, erano saltuarie le notti che passavano insieme e cercavano di sfruttarle insieme per godere della dolcezza degli abbracci di trasporto amoroso.
Quella sera però non aveva voglia.
Non c’era alcun buon motivo secondo gli stereotipi comuni.
Non aveva mal di testa, mal di stomaco, non era in prossimità della mestruazione, non aveva nulla.
Il motivo era: non aveva voglia di fare l’amore.
Non aveva voglia di fare l’amore. Non era nemmeno un motivo.
Non altrettanto il suo uomo. La desiderava, le si appoggiava, cercava di stimolarla nelle maniere consuete, nei capezzoli, tra le labbra, nelle piccole labbra.
Cominciava ad infastidirsi, voleva dormire, anche abbracciata, ma dormire.
Lui lo prese come un gioco, di ritrosia.
Lei voleva esprimere la propria volontà, senza mezzucci, senza finzioni.
Lui si pose sopra di lei e con forza le aprì le gambe e la tirò a sé.
Cercò di divincolarsi, si mise a ridere, pensando che stesse scherzando, che non avrebbe mai approfittato di lei, lei che era la sua compagna, il suo amore, che rispettava.
In macchina, durante il viaggio, lo guardò: capiva ora tutto quel livore.
Lo guardò bene: lo trovò brutto e stupido. E si era spezzato qualcosa.
Prese la sua decisione: per lei quello sarebbe stato l’ultimo viaggio insieme.
Come darti torto…. per quanto riguarda la prima parte.
La seconda è semplicemente sublime…
Appoggio ogni parola. E ci aggiungo il carico: è tempo di violenza. Le parole non servono più. E parlo di quella stessa violenza che usano con noi, quella che utilizzano con non chalance, quasi fosse secolarizzata nel loro dna.
Te te se veneta, io sono emiliana. Ma in quanto ad afa e calore credo che anche tu sappia bene di cosa parlo. Quando ci vedremo ti offro un ghiacciolo, va bene?
beh, la premessa è molto dura, forte
sul resto direi che hai centrato una questione scottante…
ma continua il racconto?
spero di si
a presto EmmaGiulia
:-)mandi
Ecco, irrimediabilmente negli ultimi anni noto un accentuarsi della “bruttezza” a scapito della “bellezza”, da qui l’abbrutimento, specialmente nell’uomo.
P.S. Tempo fa ero in un centro commerciale, leggevo della pubblicità del “solito creativo di turno”, un concorso di bellezza, l’istinto è stato di prendere a calci il totem del manifesto, andare alla direzione del centro…mi sono limitato a fotografare, la gente passava, guardava, leggeva senza indignarsi, anche le donne. Questa è l’unica verità, ci volevo fare un post, prima o poi la pubblico.
II P.S. Mo che ci penso…lo titolo “Complimenti a creativo di turno”.
…non basta sapere che c’è un’idea… serve l’idea o si perdono i treni…
L’argomento è delicato e benchè io condivida le tue parole, mi interrogo ulteriormente e faccio uno sforzo di analisi oggettiva.
Molte fasi di questo percorso sono state compiute, la donna ha fatto delle conquiste sia sulla carta, sia nel costume, ma proprio mentre sembrava che questa rivoluzione fosse vinta c’è stata una lenta restaurazione e perdere diritti e considerazione forse è peggio che non averli mai avuti.
Qui allora bisogna leggere bene idee e strategie per capire quali siano gli errori commessi, quali le debolezze, penso sia risolutivo un concetto, per quanto doloroso: un indiano è sempre un indiano, ma se è una mela (rosso fuori e bianco dentro) non lo è poi tanto; d’altra parte un bianco non è sempre uno yankee.
Per cui un errore potrebbe essere quello di non riconoscere i propri nemici. Questo non significa che le “mele” debbano essere abbandonate a se stesse o peggio trattate alla stregua del “nemico”, ma che pensiero e azione devono andare di pari passo. In sintesi, è necessario davvero riflettere sulla “guerra” di genere, perchè un po’ il nemico è dentro di noi e un po’ in quello che abbiamo individuato come nemico, c’è l’alleato che può farci vincere almeno qualche battaglia… perchè vincere la guerra è ancora arduo, ma non indispensabile… basterebbe poter uscire dalle riserve, essere liberi come l’uomo bianco, autodeterminarsi… Insomma il nemico non si può solo mettere sotto i piedi, si può anche ignorare, allontanare, mettere tra noi e lui delle difese.
जंगली ha detto.
mi riferivo all’idea straordinaria: in poche parole, voglio conoscerla… (prima dormivo ancora…)
…mo te tiro ‘na ciavatta!!! So’ simpatico eh?
P.S. Le cicale sono di condominio, direi metropolitane.
II P.S. Vuoi pronto nonno? Allora te becchi pure Alemanno!
III P.S. Le nonnine brandiscono mattarelli, niente fettuccine e botte da orbi.
Cauldron? Boh, secondo me famo la fine di Sodoma e Gomorra, ma io non ci sarò, ho troppo buon gusto!
Purtroppo, mia cara Giulia, sono d’accordo solo con le aspettative a cui giustamente ambisci, come donna. Non sono sicuro che tutte le donne ambiscono a ciò. La prima parte del primo pezzo è tutta da rispettare, ma la seconda, ripeto purtroppo, non corrisponde a verità. Molte donne, specialmente se giovani, all’inizio della loro vita, vengono sviate dalla morale e, come anche giovani uomini, portate a pesare in soldi forza, pelle e corpo. Io mi sento fiero quando trovo persone, uomini o donne che siano, che pongono la propria dignità al primo posto dei valori, e poi la cultura e quindi si potrà ben discernere false lusinghe da autentici complimenti. Il ritorno alla coscienza, è auspicabile, in questo momento di patti col Diavolo…
I complimenti miei per come scrivi sono autentici.
… ma niente niente Sitting Bull ti ha fatto tirare dal calumet della Marija Giovanna? Trattasi di lacuna da omoteleuto, qui si confondono le righe!
Ergo: dì alla Gio’ che comunque i conti con la storia bisogna farli, sarebbe arduo partire sempre da zero, e che non mi faccia the Instead Assistant…
Se la sente LUI, raju! “non c’è mai stato nulla!”, dunque si riparte dalla creazione? magari non fa più Adamo ed Eva e siamo fregati… Vendola ha le sue entrate e non conviene correre certi rischi… voglio vedere poi come fa a mangiare la mela, manco la foglia si mangia…
… dille anche che mi dichiaro COMPAGNA…
Robespierre le fa un baffo a Gio’…
(scherzo naturalmente Maximilien non è quello che si è detto!)
Non sono nata per il caldo. Non lo sopporto. Potrei spezzare le gambine a quelle vecchiette che sollevano polvere camminando. E poi sono molto irritabile col caldo. Molto. E mi si liquefa il cervello, quel poco di cervello che mi è stato donato in sorte.
Capisco, io aspetto su Lungotevere che il cadavere passi…il futuro è Nichi.
P.S. Luglio lo sto’ passando sotto la doccia.
Ok pranzo al sacco, pane e salame ungherese, pane e mortadella, pane e frittata e un Frascati Superiore.
HO RICEVUTO IL PREMIO “DARDOS” , CHE MI DA DIRITTO A DARE A MIA VOLTA , AD ALTRI BLOGGERS , LO STESSO PREMIO .
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UN PREMIO AI CONTENUTI TRATTATI , ED AL MODO , CON CUI VENGONO TRATTATI .
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CHIARAMENTE IO HO MESSO IL TUO BLOG NELL’ ELENCO ……….. PER ME LO MERITI .
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UN GRANDISSIMO SALUTO ……
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PS. SE TI INTERESSA , SEI AUTORIZZATA A FARE UGUALE , SEGUENDO LE REGOLE CHE SONO INDICATE SUL MIO BLOG .
17
ajo a sa bardana!
Andende a bardanare
«Sa notte amigos mios est iscura
Che i su trumentu; passat furiosu
Su entu e sighit s’aba a istrasura.
Su procalzu est bezzu e sonnigosu
E in cust’ora dromidu est che procu.
E no intendet nè dannu, nè gosu,
Non solu de intendere unu tzocu,
Pro chi sas arulas siene serente
A su cuile ’e Bau ’e Su Trocu.
Leade sos fusiles lestramente
E andemus a fagher sa bardana!».
Gai neid’in tonu prepotente,
Mimia Monni cun bogh’e campana
In su cuile ’e s’Abile a sos pagos
Amigos chi su notte acuilàna
Che a mazzone subra sos serragos.
Bi fit Bobore Crispu, unu giovanu
De vint’un’annu chi leiat sos tragos
E los frundiat che fustes lontanu,
E in sos attaccos lestru e attrividu.
Bi fit Franziscu Mannu e Bustianu,
Pili Murtinu e Bobore Bandinu,
Tres omines ch’in tottu fid’insoro,
Mai biu, nè mortu hana timidu
In tottu Nuoresu e Logudoro
«Avanti o coragiosa cumpagnia!»
Narein a una oghe a unu coro,
Tottus chimbe che una marrania.
E s’avviein lestros, ben’armados
In mesu a su entu forte, a s’istrazzìa,
Che una truma d’iscominigados.
Antiogu Casula