Che bella questa canzone interpretata da Elvis Costello, uno dei miei cantanti preferiti.
Già, è facile essere fraintesi. E secondo me si adatta bene a questa mia (poesia).
UNA CHE SI CHIAMAVA AMORE
Seduta sullo scoglio, i capelli ondeggianti nel vento,
gli occhi sembravano riflettere il mare,
che ti scuoteva tutta,
impaziente com’eri di vivere.
Ecco, ti volti verso di me, ti sto di fronte,
mi guardi e mi dici: “Che hai?
Perché non ti siedi accanto?
Guarda com’è immenso!”,
e porti il tuo sguardo lontano, da lui.
Il mare t’invade, onda dopo onda,
in un freddo abbraccio.
Meriti un bacio. Ti do un bacio e ti abbandoni,
come se non esistessi, come se fossi mia e non lo sei
e ti aggrappi a me, ma sono io che cerco un appoggio.
Non ti avessi rivisto! La tua voce non ha suoni!
Non ha più suoni! Se non un intenso muggito.
Eri mia di nuovo, dopo tanto tempo,
dopo quel giorno in cui ti avevo lasciato,
in cui ti avevo detto che l’amore era finito,
che avevo trovato la mia strada senza di te.
Ipocrita! Meritavo almeno un’accusa infamante,
e invece te ne sei andata, senza dire niente,
con lo sguardo duro e impassibile;
sei andata senza domandarmi perché,
perché tutto era inarrestabile.
Ma tu avevi capito. Bastava uno sguardo e mi capivi.
È stato così fin dal primo momento.
Parlavamo molto poco. Non sapevo nulla di te,
dei tuoi segreti, dei tuoi tormenti.
E io me ne fregavo di quelle come te,
di quelle che amano per vivere.
Io una come te me la mangiavo.
Tu mi hai mangiato. Eri bella. Sei bella, tu sei il mare.
Ti ho cercato, amore,
ho trovato anche il posto dove abitavi,
ma chi ti conosceva mi ha confidato
che senza dire nulla te n’eri andata.
Ah, ero contento perché sapevo che soffrivi:
io ero contento.
La sera mi divertivo a giocare,
il sesso è sempre stato il mio forte.
Eppure quando con rabbia facevo l’amore,
mi ricomparivi, bella e selvaggia,
del dolore si aprivano porte.
Eri tu che possedevi il mio corpo e ti chiamavo.
Volevo solo te: Amore, ondeggiavo nell’amore.
Quando ti ho perso ho capito
che senza di te non ci sarebbe stato null’altro.
E sono venuto da te, ora sono qui e sto correndo da te.
“Un uomo si è gettato in mare!
Aiuto, una donna dice che un uomo è caduto in mare!”
Sulla diga, scossa dal vento e dalle onde,
si sentivano delle grida infrante,
intorno a una giovane donna un assembramento.
“Signorina, signorina, come sta?”
“Sto bene, lo conoscevo da poco.
Ad un certo punto si è messo a correre.
Ha detto ti amo e si è gettato in mare.
Mi stava raccontando che aveva amato qualcuno,
una che si chiamava Amore”
Che piacere leggere questa poesia Giulia, non è per il freddo, ma un brivido mi ha attraversato il corpo.
haffner
Semplicemente fantastica…altri aggettivi sono superflui…Brava.
😉
;))
… Perchè così in sordina stavolta?
Gran bel poema che rileggerò e indagherò con attenzione come merita… Devo anche riflettere sulla voce narrante… *
Giulia!!!poesia dunque e poesia d’amore…con una fine tragica come l’hanno molti amori.
PS. La partenza era obbligatoria, perciò, anima e coraggio.E’ stato un viaggio bello però, più tranquillq della destinazione di sicuro…
… Anche i suoni cambiano con il tempo? Ricordo la voce di Elvis Costello simile a quella di Gary Brooker… forse in qualche brano che mi sfugge.
Comunque, vedi, i cognomi italiani legati a nomi inglesi, sanno sempre di esotico… 🙂
… Confermo la complessità di questo brano anche dopo una lettura attenta, mi appare molto ermetico anche al di là della voce narrante. Ovviamente è un fatto soggettivo, di approccio ad esso, di curiosità insoddisfatta, come dopo un film surreale, non ci si accontenta di farsi una propria idea, ma si vuole entrare nella mente del regista, per capire…
Ciak! Problematiche impalpabili, un colpevole distacco, l’illusorio ritorno… e il narratore si butta a mare… Era lì Amore?