Oggi è il 2 agosto, un caldo impressionante, un caldo esplosivo come quello di Bologna quella mattina infernale del 2 agosto 1980, dove morirono 85 persone.
Ricordare la strage di Bologna si deve. Ogni anno. Perché la verità e la sua ricerca non ha limiti.
Mambro e Fioravanti furono condannati ma entrambi ora sono liberi.
Ha senso parlare di riabilitazione e di rieducazione per chi ha ucciso?
NESSUNO TOCCHI CAINO
Non m’importa dell’assassino.
Macchie rosse sul pavimento
lasciano tracce sbavate,
imperfetti disegni di morte.
Non m’importa
la contorsione linguistica
di chi nell’ordine
giustifica la pace sociale,
il fallimento della ragione,
il nichilismo educativo.
Sedativi e seduzioni sospingono
verso uscite precipitose,
vie di uscita senza sicurezza.
Si costruiscono prigioni
e s’innalzano mura
ma le persone cambiano
in un via vai di anfratti giudiziari.
Delle vittime accenniamo
particolari scabrosi.
Si osanna una maggiore severità,
altri inneggiano alla liberazione:
si abbattono le mura
e s’innalzano muri di silenzio.
In silenzio si piange.
La macchia rossa
si allarga sul pavimento
delineando costruzioni labirintiche.
La morale ci educa.
In fondo la cattiveria non esiste,
si insiste.
Nessuno tocchi Caino
perché egli ha già ucciso:
la macchia rossa viene lavata,
il segno sbiadito.
Eppure qualcosa rimane sul pavimento,
qualcuno esce dall’uscita di sicurezza.
Qualcosa rimane,
qualcuno esce.
Una cosa rimane.
(di Giulia Penzo, In poesia il merito non conta)