E’ un racconto che odio, questo racconto che si intitola 4 uomini vestiti da donna e che vi inserico qui di seguito completo (l’avevo tagliato, ma soffrivo a leggerlo incompleto), non so come sia nato da una mia idea bizzarra, e come in questo momento in cui rimpiango il mio sandalo roccobarocco (l’altezza del tacco era questa, ma molto molto diverso dall’immagine che inserisco)andato disperso nel piazzale antistante ad una pizzeria, mi venga in mente di pubblicare in questo mio blog assurdo, che tra un po’ chiuderò perché ormai ha perso ogni significato.
Non vi racconterò come ho perso il sandalo, questo lo lascio alla vostra fantasia…
Giulia Penzo
4 uomini vestiti da donna
4 uomini vestiti da donna ballavano attorno ad una tavola. Brindavano, gridavano come ossessi e saltavano impazziti. Gridavano forte:
– Ce l’abbiamo fatta!
– Evviva!!!
– Si, sì, sììììììììì.
Si abbracciavano e ridevano, si guardavano negli occhi e piangevano. A guardarli sembravano proprio matti.
– No, no, noooo…- esclamò improvvisamente uno di loro, diventando paonazzo per lo sforzo e battendo, ad ogni no, il bicchiere pieno di vino sul tavolo.
– No, non ci avrei mai creduto, questo è troppo, troppo anche per me!
E dicendo queste parole, assunse il colore del vino che teneva in mano. Cercò di portare l’altra mano alla gola come per tentare di aprirsi la bocca e respirare meglio. Gli occhi strabuzzavano e gli altri, quando s’accorsero che l’amico non scherzava, rimasero immobili a guardarsi, come fosse impossibile che dovesse schiattare proprio ora che avevano raggiunto il loro scopo, in quel momento di felicità assoluta.
Accorsero subito a sostenerlo.
– Mario!!- gridarono in coro.
Le loro mani riuscirono a tenerlo prima che cadesse e se fosse caduto sarebbe stato tragico perché Mario era di una grassezza impressionante, grasso al punto che si era fatto creare apposta delle sedie su misura, con la sua firma, naturalmente, e queste sedie ora troneggiavano attorno al grande tavolo. In quelle sedie qualsiasi uomo e donna di stazza normale si sarebbe sentito fuori posto, perché così alte e larghe che, sedendoti, le gambe ti stavano sollevate da terra come un bambino sul seggiolone.
I tre uomini guardavano preoccupati l’amico, che ora sembrava tornare di un colorito più naturale.
– Ci hai fatto prendere uno spavento!- disse uno di loro.
– Macché, mi era andato di traverso un salatino!– sboffonchiava Mario. – Puah!! Che schifo, stavo per soffocare!
– Sei peggio di quell’ubriacone in tv! – rispose uno degli amici, indicando alla televisione il presidente di un qualche paese che sembrava sorretto dal piedistallo dove parlava.
– Siete cretini. E volete che me ne vada proprio adesso che mi posso gustare tutto quello che voglio? – e con l’occhio indicò un cameriere, che se ne stava sensualmente appoggiato allo stipite della porta, quasi completamente nudo, se non avesse avuto addosso uno slip leopardato di dimensioni microscopiche, che presentava due buchi inanellati, uno sul sedere e uno davanti, da cui sporgeva il pene dell’uomo di dimensioni macroscopiche.
– Pronto per l’uso – sussurrò, facendo l’occhiolino agli amici.
Gli altri scoppiarono a ridere.
Ormai si erano messi seduti attorno alla tavola. Erano sudaticci e accaldati. Prima, mentre correvano, si erano tolti i vestiti un poco alla volta e, adesso, se ne stavano stravaccati in reggiseno e mutande e, da un punto di vista puramente estetico, non era proprio un bello spettacolo.
– Giorgio, – disse Mario, con cattiveria, – ma quando ti è venuta quella pancetta e quella brutta pelle grinzosa?
Giorgio era un uomo sulla cinquantina. Nonostante le rughe, i muscoli flaccidi, lui diceva che le donne andavano pazze per lui. Che cretine! – pensava- noi facciamo di tutto per farle sembrare stupide e vecchie e loro ti osannano.
Non riusciva proprio a capirle. Erano proprio senza dignità, le donne.
– Quanti anni sono che andiamo avanti con questa storia?- domandò Giorgio agli altri, sorvolando sulla domanda.
– Ormai sono vent’anni. Vent’anni che prendiamo in giro tutte. Donne di qualsiasi tipo, strato sociale, di diversa età, di livello culturale diverso. L’avevamo detto. Sono tutte sceme. Dalla prima all’ultima! – rispose Giacomo, con una smorfia di disgusto.
Giacomo indossava una splendida sottoveste di seta nera, che bene si accostava al colore dei suoi capelli grigi, che scivolavano delicatamente sulle spalle. La gentilezza dei gesti male si accostava però al suo sguardo intrinsecamente carico di disprezzo, per tutto. Non si capiva com’era riuscito ad entrare nel gruppo. Non era amico di nessuno in particolare e più di qualche volta gli altri avevano paura della sua freddezza, anche nei loro confronti, ma era geniale. Le sue collezioni erano geniali, pura e semplice fantasia.
Alberto guardava l’amico sorridendo, ma cominciava a provare fastidio.
In fondo lui era un artista, si sentiva artista e quell’idea malsana iniziata per gioco, adesso cominciava ad infastidirlo. Gli precludeva la possibilità di pensare ad altro, alla sua libertà. Odiava quel giorno in cui, seduti proprio a quello stesso tavolo, avevano nominato quel progetto che avrebbe avuto un successo strepitoso.
Quel giorno, quasi vent’anni fa ormai, dopo una sfilata comune, in cui tutti e quattro avevano ricevuto l’acclamazione del pubblico, si erano ritrovati a casa di Mario a parlare d’arte, di bellezza, di denaro, di uomini e donne. Erano quattro stilisti famosi, ricchi, intelligenti.
Era stato Alberto, pur senza volerlo, a suggerire l’idea. A quel tempo era magro e bello, abbronzato e adorava il glamour alla katharine hepburn .
Quella sera di vent’anni prima successe così che, dopo il brindisi, Mario iniziò a parlare…
Quella sera di vent’anni prima successe così che, dopo il brindisi, Mario iniziò a parlare…
– Sono stanco, stanco. Vogliono sempre cose diverse, vogliono sembrare belle, bellissime, e vogliono ostentare, ostentare senza apparire di ostentare. Quasi quasi ritorno a fare l’architetto. Hanno vitini da balene e vogliono apparire sirene!
– Ci pagano profumatamente – rispose Alberto, – e ci amano!
– Sì, hai ragione. Ma non vedi come siamo costretti a vestirci? Noi? Hai mai provato a indossare uno di quei vestiti che noi creiamo per loro? Quando mettiamo i loro vestiti sembriamo puttane sfatte!, riprese Mario che si immaginava fasciato in qualche abito da lui ideato, invidiava le donne, che si potevano vestire liberamente. Mario, lo sapevano anche gli altri, aveva una propensione amorosa per gli uomini e la sua vita intima era un disastro.
– E vestiamole da puttane, allora! Facciamo tutte insieme un bel bordello e noi con loro! – suggerì ironicamente Alberto.
– Da puttane…? mmmmhhhh, mica male l’idea!- Mario si era alzato in piedi come preso da un’incontenibile voglia.
– Sì, sì, sìììì, è un’idea meravigliosa, meravigliosa!
Mario si precipitò a prendere una delle sue ultime creazioni, che se ne stavano appese malinconiche nel salone.
Portò agli amici un bellissimo abito in raso di seta azzurra, semplice ma d’effetto, con un piccolo strascico.
– Che me ne faccio di questo?
Gli altri lo guardarono incuriositi. Che fosse impazzito?
– Se io lo indosso sembro una troia. Se “lei” lo indossa sembra una dea.
– E allora? – chiesero gli altri in coro.
– Allora? Non capite? Allora, faccio sembrare troia anche lei!
Prese una forbice e tagliò un buco all’altezza del seno e aggiunse spacchi laterali.
– Al posto dei buchi ci potete mettere quel che vi pare – consigliò seriamente Mario. E ci aggiunse ridacchiando un altro buco all’altezza dell’inguine.
– Facciamo collezioni tutte uguali? Tutte bucate? – rispose sorridendo Alberto, credendo di essere ironico.
– No, cretini, ognuno si ingegna come può, è l’obiettivo finale a rimanere unico. Distruggere, distruggere l’immagine della donna. Inventatevi la donna dandy, la donna barbie, la donna che cazzo volete voi, qualunque sia, distruggiamo l’immagine della donna e facciamola diventare un’i-ne-qui-vo-ca-bi-le donna battona!!!- lo disse come spinto da un’ispirazione incontrollabile e con una veemenza che spaventò.
Gli altri si guardarono negli occhi e rimasero un attimo in silenzio a riflettere.
– Siamo famosi – cominciò a parlare, con aria questa volta seria, Giacomo.
– Ormai abbiamo il nostro giro d’affari. Sappiamo come muovere i capitali e le tendenze. L’arte o è rivoluzionaria o non è niente, diceva un vecchio filosofo. Il capitale ci ha richiesto la donna manager e noi gliel’abbiamo fatta. Il vestito della liberazione: tailleur, pantaloni, scarpe comode. L’abbiamo avuta noi nella testa prima ancora che occupasse un tavolino come portinaia.
– Sì. Hai ragione, – rispose Alberto – ma abbiamo creato anche il suo opposto. La donna ideale. Bellissima, elegante, intelligente. La donna che non ha potere ma che ha il potere su chi lo detiene.
– Già. E’ questo che ci rovina. Siamo artisti, abbiamo bisogno della nostra libertà.- Mario batté i pugni sul tavolo.
– “E’ l’iconoclasta colui che lascia i quadri più duraturi nei rari casi in cui non nasce con le mani vuote” – esclamò seriamente Giorgio, che fin allora se ne era rimasto zitto ad osservare cupo gli altri. – Ehm, lo diceva Boris Pasternak! – si premurò di specificare quando gli altri lo guardarono con aria interrogativa.
– Non facciamo gli intellettuali. Quello che pretendo io è bassezza allo stato puro; Giorgio, qui non si tratta di un gioco d’artisti. E’ la conquista della libertà, della nostra libertà. Facciamole diventare tutte prostitute. Dalla vendita del corpo alla vendita delle proprie idee, non c’è alcuna differenza, nessun salto. Dalla prima all’ultima, si venderanno e dinnanzi agli altri sembreranno “alla moda”, “secondo la morale”. Alla donna non rimarrà granché, credetemi! – questa volta, Mario era davvero serio.
Fu così che suggellarrono il patto, tutti quattro d’accordo e ben presto a loro se ne aggiunsero altri: fecero scuola e crearono scuole.
Il messaggio che portavano con sé era davvero chiaro, così chiaro che anche altri ne approffittarono, anche le altre, prima di tutto.
Erano arrivati all’obiettivo finale. Scopo raggiunto.
La festa iniziò quando la prima pornostar si sedette in parlamento. Il completino che indossava era un vero schianto.
Sarebbe stupido smettere di scrivere per una che scrive come te.
Grazie per il passaggio e per il commento.
In effetti scrivo da sempre, poi per molti anni non ho scritto, presa da impegni familiari, di lavoro…Mi piace anche dipingere, disegnare e ho lasciato tutto per scarsa autostima. Dinnanzi alle opere di grandi artisti mi sento come inadeguata e così poco talentuosa (?…altro termine nn mi viene) che le mie opere mi sembrano innocue e inopportune nel vasto mondo dell’arte. Insomma, lascio spazio ad altri.
Però, accidenti, se mi piace! Vorrei avere tanto tempo a disposizione per farlo!
“dentro” la stoffa ce l’hai, eccome, perciò cuci e disfa sinché raggiungi il gusto di piacerti. Certo, non tutto è perfetto ma si può, e si deve, migliorare.
Io volevo postare nel blog un racconto che mi dicevano ha dei contenuti un po’ “duri”, specie i lettori giovani ne sono rimasti scandalizzati, solo alcuni. Poi è lungo come il tuo qui o poco più, temo si faccia fatica a leggerlo. Tramite facebook mi hanno consigliato l’editing e forse lo pubblicano sul loro sito letterario, poi ti faccio sapere così magari lo leggi e mi dai il tuo parere.
p.s. Non pensarci neppure lontanamente a smettere di scrivere, getta fuori ciò che senti di dire, ciao, un sorriso con affetto da Sergio.
Bene! Mi cucirò un bel vestitino rosso passione! 🙂
Per l’editing, a dir la verità ho tagliuzzato molto. Quando ho scritto che inserivo il racconto completo era perché volevo inserire il finale, ma la completezza era irrisolta. In effetti i 4 uomini nel racconto sono tutti e 4 gay, però leggendolo mi sembrava un attacco all’omossessualità e non era quello che volevo esprimere. Insomma, per non essere travisata, ho tradito il racconto…
un bacione per l’incoraggiamento.
P.S. in realtà non voglio smettere di scrivere, volevo solo chiudere il blog…Ma per motivi particolari. Comunque proverò a mantenerlo, tanto nn mi costa nulla…
A Roma c’è un ristorante di “dubbio gusto” dove i camerieri ostentano similmente slip leopardati fra una portata e l’altra, è frequentato da uomini e donne dei quali mi sfugge la tipologia, se mai capitassi a Roma non te lo consiglio.
P.S. Chi mi fece conoscere il ristorante non si è mai spiegato del perché, quel poco che ero riuscito a mangiare sono riuscito a vomitarlo neanche dopo mezz’ora l’uscita dal ristorante.
II P.S. E non ci siamo più cercati.
Ne ho visti di slip leopardati! Orribile 🙂 E’ proprio l’effetto leopardo che nn sopporto, anche se ammiro l’eleganza del leopardo, l’animale però. Mi ricordo ancora una volta: avrò avuto 11 anni e i miei volevano comprarmi qualcosa di bello per Natale e così hanno pensato ad una pelliccietta. Io naturalmente ne ero tutta fiera di questa pelliccietta calduccia e soffice. E sono andata a casa di una mia amica; sua mamma appena mi vede mi fa : “che bella questa pelliccia, è di coniglio, vero?” Al che scopro che il lapin (tanto osannato e adulato dalla commessa che ce l’aveva venduto) non era altro che un povero coniglietto scuoiato 🙁 (di qui, la sensazione di nausea, molto simile alla tua) L’ho indossata pochissimo, solo per non dispiacere ai miei che me l’avevano regalata con sacrificio…
Mi devi spiegare però, Liminare_206, perché hai vomitato: per la mia stessa sensazione di nausea nei confronti della mia incapacità di comprendere…oppure il cibo faceva proprio schifo… oppure quella persona…
baci per il passaggio…
Tanto per cominciare non chiudere il Blog, questo paese calpesta sentimenti d’ogni sorta ogni giorno, anche l’amore, nemico giurato della morte è svilito, vogliono svilire ogni cosa che abbia la parvenza d’un pensiero umano in evoluzione, ci salveremo soltanto in nome della musica, dell’amore, dell’arte e del pensiero, lo sto imparando dalla vita; perché darla vinta all’ignoranza che cova da secoli nell’anima di certi compatrioti? Quindi, lassa perde e scrivi, te lo dico alla romana.
P.S. Ripasso.
II P.S. Abbasso i nuovi barbari.
III P.S. Secondo me hai perso il sandalo perché era mezzanotte.
Caro Liminare_206, inizio dalla fine:
Era mezzanotte ma non ero in compagnia del principe azzurro…acc!
I barbari: certe volte mi sento io barbara, incapace di comunicare.
Ripassa, mi piace la tua compagnia 🙂 così ti ribacio
Mi fai pensare al blog come alla possibilità di tenere una finestra aperta, una porta, una via di fuga. E io che temo i luoghi chiusi…E’ vero, qui puoi incontrare un’infinità di gente, ma poi ci vivi la vita nel tuo paese, nella tua quotidianità e quello che scrivi nel blog difficilmente si può applicare alla vita reale. Son partita come blogger per scrivere le mie opinioni in merito alla vita reale per arrivare a scrivere delle fantasie sulla mia vita ideale.., bella coerenza! 🙂
Però nn lo chiuderò perché sono d’accordo con un mio amico che mi ha scritto: il blog è scrittura che si condivide, non può essere legato a fatti personali…
Insomma, lo lascio vivere, ché ormai vive di vita propria.
Ha ragione il tuo amico, considera il Blog uno spazio creativo è la modalità più saggia in relazione all’effimero che lo caratterizza.
P.S. Ok, aripasso.
Veramente è mezzanotte e mezza de notte, ma sei Blog del giorno, ma se è mezzanotte e mezza de notte come fa a esse giorno? Boh!
Adesso sono le 9.10 di mattina…che bello essere blog del giorno! anche di mezzanotte…
un bacio per il tuo avviso
Ciao Giulia,
grazie per questo nuovo piacevolissimo, attuale ficcante racconto.
Ne condivido lo spirito di costernazione e denuncia contro un clima che, per maschilismo da una parte e convenienza dall’altra, si è instaurato negli anni. Le veline candidate sono solo l’ultimo atto di un assolutismo connivente e strisciante che hai denunciato anche in “Attacco alle centrali del lusso”.
Per restare in tema: sandalo perso in collant o senza?
Ciao,
Emi
Che bello poter dire le proprie opinioni attraverso la fantasia 🙂
Pensa che quando voglio esprimermi attraverso parole normali nn vengo compresa!
Oh, no, sandali sempre senza collant…
Van Gogh e la Monna Lisa ce li ho trovati, non è merito mio, la foto è una foto da Post, fa schifo ma rende bene l’idea che volevo del Post in relazione all’arte.
P.S. Per curiosità, quale antica città? (C’ho messo la rima)
Se tu sei di Enea, io sono di Clodio 🙂
Aoh, ‘sti troiani stanno sempre ‘n mezzo, ancor più che le troie!
P.S. Mai stato, ma mi dicono che è un piccolo gioiello, prima o poi mi ci faccio un vichend.
Molto bella. E vicina a Venezia e molto più conveniente. E’ una cittadina culturalmente ricca e colorata e poi a puoi andare nella nostra bellissima spiaggia, una delle più belle e spaziose dell’adriatico. Insomma una vacanza a tutto tondo con cultura e tradizioni e …san pietrini.
Anni fa feci un viaggio stupendo intorno a Venezia, ora mi porto dentro la sindrome del Palladio…è ora che ci torni.
P.S. Ora ha più senso pensare che a Roma esista Piazzale Clodio, il primo che mi chiede dove si trova lo stendo con:”ma come, non conosci Chioggia??? A ‘gnorante!!!”
L’unico difetto di Ilona è l’egocentrismo, il trucco pesante e quelle coroncine orribili…
Gli stilisti invece fanno parte (quasi tutti) di una delle caste protette che un giorno si e l’altro pure si piange addosso in tv per la supposta (sic!) emarginazione… mi fanno ribrezzo… ma non ho difficoltà a ignorarli…