CHI DICE DONNA

ORDINE: CHE ASSURDO!

 

I BAMBINI

 

 

Personaggi:

IO: una donna giovane, sui 30 anni, capelli lunghi, aspetto giovanile; indossa una tipica magliettona lunga come camicia da notte.

IO STESSO: l’io stesso è un’altra donna, grassa, il doppio di io, e la segue dappertutto, copia i suoi movimenti o fa qualcos’altro, e ogni tanto si ferma, come a pensare e poi riprende da quanto aveva lasciato.

IO STESSA: un’altra donna magra, se ne sta in disparte nell’ombra a testa bassa. Non parla ed è come se nella scena non esistesse.

BAMBINI: Sono tre bambini di ca. una decina d’anni ciascuno, leggermente cicciottelli, in pigiama, distesi su tre lettini.

 

Ambiente: la casa è scarsamente illuminata giacché sono le sei del mattino e i tre bambini se ne stanno tranquillamente a letto, sui tre lettini disposti di traverso rispetto al pubblico; nella stanza centrale un grande letto dove sdraiata se ne sta una donna giovane (IO). Si sente il suono della sveglia e la donna con aria stanca si alza e si rivolge al pubblico.

 

IO: È ora di andare a scuola (grida forte)

E’ ora di andare a scuola (grida più forte).

 

BIMBI: (in coro; si mettono in posizione seduta): Noi? Noi dobbiamo andare a scuola? (sottovoce, in falsetto, con aria di scherno).

 

IO: È ora di andare a scuola! Quando mai sarò abbastanza grande? (si rivolge ad IO Stesso).

 IO STESSO: (Sta sistemando dappertutto in maniera ansiosa) Non so perché mi poni queste domande (con aria seccata) quando sei tu stessa che lo vuoi. Non mi hai ancora rivolto la parola da quando sei tornata da scuola, da quel corso all’U-NI-VER-SI-TA’ (detto con aria saccente).

 

IO: Non credo tu sia il mio tu, ecco tutto, te l’ho detto; non volevo ancora dirtelo ma credo che tu sia ancora “altro” da me. Forse è meglio per entrambe avertelo detto (con aria soddisfatta); ora, sai, andare a scuola significa aprire gli occhi e vedere ciò che prima non vedevi. Tu ieri sei restata qui, con i bambini, a preparare loro la colazione (con aria accusatoria), a fare la spesa per il pranzo e la cena. A pulire la casa, e devo pur dire che hai fatto proprio un bel lavoro (fa una piroetta allegramente).

 

BIMBI: Ha fatto proprio un bel lavoro! (ridendo e buttando per aria i cuscini).

 

IO STESSO: Tu mi vuoi abbandonare (lo dice con aria rassegnata e si siede sul lettone come se avesse un mancamento).

 

IO: (con aria decisa, rivolta verso il pubblico) E’ ora di andare a scuola!

 

BIMBI: Noi dobbiamo andare a scuola?

IO: (rivolgendosi a IO STESSO e ironicamente) Diglielo tu se devono andare a scuola

IO STESSO: Bimbi, alzatevi!

 

BIMBI: Non vogliamo, abbiamo sonno!

 

IO STESSO: Tutti abbiamo sonno, ma dobbiamo andare, svegliarci, faticare; questo è il vostro lavoro, ricordatevelo!

 

BIMBI: Noi bambini non dobbiamo lavorare! Lo dice anche il Diritto e la nostra maestra (si infilano le scarpe di un noto marchio sportivo)

Solo la “marchio sportivo (e fanno vedere le scarpe al pubblico) ci fa lavorare, ci vuole far correre per il nostro bene. La mamma dice che non dobbiamo correre perché altrimenti inciampiamo, ma quando andiamo lenti cadiamo spesso.

 

IO STESSO: Va bene, correte allora, ma non girate mai lo sguardo indietro.

Conoscete vero la storia della Medusa?

 

BIMBI: Ma… non ci giriamo nemmeno se sei TU a chiamarci? (con aria preoccupata)

 

IO STESSO: Io non vi chiamerò mai!

 

BIMBI: Sei bugiarda! A te piace chiamarci, ed è così che siamo nati.

 

IO STESSO: Non era una chiamata, era un ordine! E quando c’è stato ordine, siete arrivati.

 

BIMBI: Non hai pulito abbastanza bene da dare ordini! Stamattina ci sono ancora i letti sfatti e di qui l’ordine non è passato!

 

IO STESSA: Dell’ordine non ci si accorge quando è tutto buio.

 

Io stessa (una terza Io, che compare dall’ombra) va verso la finestra e apre la tapparella, facendo entrare la luce che colpisce direttamente i bambini.

 

BIMBI: Avevi ragione, la luce fa vedere che tu non eri chi ci ha chiamato; ci alziamo ma solo perché l’odore del latte caldo fa sentire la fame.

 

Nell’aria c’è l’odore del latte.

 

IO STESSA: E’ sempre così, la fame è l’ordine che mi piace fare di più.

ORDINE: CHE ASSURDO!ultima modifica: 2009-08-25T00:57:00+02:00da
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