CHI DICE DONNA

Siddu valissi a pena di campari…

Ringrazio per la collaborazione Roberto, Nicoletta e in particolar modo un grazie di cuore a Giusi Manfrè che ha contribuito alla traduzione delle frasi in siciliano.

 

 

Elio e le Storie Tese: Parco Sempione : BUON COMPLEANNO 🙂

 

 

Siddu valissi a pena di campari…

Mario cominciò a riporre tutte le sue cose sul borsone, con lentezza, per assaporare quegli ultimi momenti nella sua casa. Cominciava dai ricordi più importanti, l’orologio del padre che apparteneva al nonno, la fotografia della madre, lì immortalata con le mani sui fianchi, i capelli cotonati secondo la moda dell’epoca e probabilmente già con lui dentro la pancia.
“Forsi ‘nta sta fotografia ci si puru tu”, le aveva detto sua madre, orgogliosa della sua bellezza, riguardando ogni volta la foto con nostalgia ma senza rimpianti.

In quella foto, il ricordo di una fuitina d’amore insieme a suo padre. Sua madre…, chissà cosa avrebbe detto di questa situazione assurda. E poi prese la pistola, una 38 e la ripose sotto la fodera della valigia.

La prima volta che uccise: l’orgoglio di essere un uomo, di essere parte di qualcosa, di essere forte, di avere il potere nelle mani, un potere immenso di decidere della vita altrui. Una vita che valeva quanto un’altra: non ricordava nemmeno il momento in cui si era accorto che vivere era inutile. Aut aut, senza possibilità di ritorno.

Si guardò le mani e si sfilò dall’anulare la fede. Ricordava il matrimonio religioso con lei, vestita di mille veli bianchi e sotto l’immenso turbinio di passione, una bolla di confetti da assaporare, carne di mandorla. Lei, ora in cucina con le melanzane a friggere per l’ultima parmigiana nella sua casa. Lei, una piccola palla soda di carne da addentare. Gli si rizzarono i sensi e la voglia di portarla nel letto.

Andò in cucina e le appoggiò con forza le mani sulle natiche, sollevandole come se fossero di polpa consistente. “Mmmuhh…”, gli uscì uno strano mugugno. “Mi siddia… staju cucennu ”, lei sorrise, porgendogli il collo di delicata pelle d’alabastro, continuando a friggere allegramente le dolci fettine di melanzana, che nell’olio sfrigolavano, saturando l’aria di goloso profumo. Le mani di Mario risalivano dalla sottana fino al seno corpulento di lei, che godevano del pressante massaggio.

Scimunitu, cunnautra anticchia vennu tutti, e’ l’urtima manciata chi facemu ‘nzemmula ca to’ fammigghia ca’ ‘nta nostra casa! ”

Sta’ cosa cunta chiossa’! Iddi hannu aspittari….amuni’ allistemuni, fazzu tutti i cosi jo’” e già si insinuava in morbidi posti segreti.

Il suono di un campanello lo risvegliò dal movimento ritmico che tentava di imporre alla sua donna.
Si riassestarono velocemente i vestiti, lei guardandolo di traverso, come a precisare il ti l’avia rittu; lui guardandola col sorriso di intesa del pero’ ti fici addivertiri .

I parenti cominciarono ad arrivare a frotte. La famiglia si riunì per l’ultima volta insieme, tutti nella grande casa a mangiare, mangiare e mangiare come nella grande tradizione della famiglia.
Un anno prima era arrivata la notizia dal Parlamento: ormai era deciso.

Il Paese doveva sparire. Anzi non doveva sparire il paese, dovevano sparire gli abitanti. Andarsene, letteralmente. Prendere valigie e quant’altro e andarsene. Un anno di tempo per lasciare il posto ad altri abitanti e trovare casa in un’altra città, ogni famiglia una città diversa. E d’altra parte la lotta alla mafia doveva pur trovare strategie e azioni diverse: un piccolo paese siciliano di undicimila abitanti non poteva continuare ad essere il covo dei più importanti capi mafia. Eliminare il tessuto intrecciato delle famiglie e lasciare spazio ad altre famiglie, quelle di poveretti provenienti da parti del mondo desolate, che cercavano una terra da amare e in cui essere accolti. Il ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo non aveva ottenuto alcun frutto; la sentenza finale rimase quella che per gli abitanti di quel paese l’unica soluzione era andarsene.

La lotta alla mafia era un progetto internazionale che si doveva perseguire con ogni mezzo.

Quando la famiglia finì di mangiare, le donne pulirono la casa. In loro c’era la tristezza per l’abbandono del proprio, per un incontro col destino, una vita forse diversa in una grande città siciliana o in una città del nord e le amicizie lasciate. Che fine avrebbero fatto? Riconoscevano in quella scelta non solo un’imposizione ma una via di fuga anche per loro. Un rientro ad una normalità; speravano davvero nell’intreccio spezzato della rete di omicidi e di violenza e di droga.
Alla casa di Mario suonò, per la seconda volta quel giorno, il campanello.
Sulla soglia apparve una piccola famiglia. Madre, padre e due piccoli bimbi. La donna indossava una veste multicolore, che rilasciava allegria e aveva due grandi occhi liquidi neri. Attaccati alla veste i due piccoli mocciosi.

La donna del sud abbracciò l’altra donna, perché la gente del sud ha in sé l’amore per l’altro e l’ospitalità e lo stesso vale per l’altra donna, che di sé sa donare solo un abbraccio del sole della sua terra. Anche a lei un incontro col destino e tutta quella bellezza donata sembra un abbaglio dopo quel mese d’inferno al centro di permanenza temporanea. Una casa donata, una terra lasciata.

Si salutano così tutti, finché nella bella casa siciliana resta solo una famiglia, un’altra incredibile famiglia e per entrambe la speranza, l’inizio di una nuova vita.

Mario uscì all’aria fresca della sua terra. Il sole sferzò i suoi occhi: non meritava tanto, lui aveva ucciso così tante persone inutilmente e senza che ci fosse per lui altro significato che l’esecuzione di un ordine. Lui avrebbe meritato la morte ma non sapeva per quale motivo a lui fosse stata concessa un’altra opportunità. Andarsene e andarsene libero. Guardò la piccola palla di carne di sua moglie e i suoi parenti, girò lo sguardo con le lacrime agli occhi verso quella che era stata la sua casa, riguardò avanti, cingendo con un braccio la sua compagna.

La vita era davanti.

Siddu valissi a pena di campari… – pensò Mario – senza rimpiangere la pistola che aveva lasciato sotto il materasso.

 

Siddu valissi a pena di campari…ultima modifica: 2009-12-07T01:06:00+01:00da
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