CHI DICE DONNA

UN FELICE 2010 A TUTTI!

Lascio un pezzo di un mio racconto, che devo ancora ultimare e ancora in bozza, perciò lo lascio come augurio a me stessa…di terminarlo nel 2010…

Purtroppo avevo racconti più felici, ma la chiavetta con tutti i testi mi ha abbandonato, anzi se qualcuno conosce qualche programmino per recuperare i dati…beh…grazie 🙂

Un felice 2010 a tutti!

da Giulia

 

 

L’equivoco

 La stazione era fredda, e d’altra parte una giornata invernale come quella fin dal mattino non prometteva niente di buono. Il cappottino di pelle nera di Anna non serviva granché in quelle occasioni, ma lei non possedeva nulla di decente che fosse pesante e caldo; a casa teneva un misero giubbotto che aveva comprato al mercato. Un tre quarti che avrebbe reso goffa chiunque.

“Sono bella, che importa!” si ripeteva innalzando il suo livello di autostima. Si era preparata con cura, pettinando i lunghi capelli lisci, indossando un lupetto nero e un paio di jeans attillati. Purtroppo non era riuscita a trovare niente di meglio di un paio di stivali neri, vecchiotti ma comodi, adatti a camminare per lunghi tragitti. E poi aveva curato con attenzione il suo abbigliamento intimo, nella scelta di un completino semplice, non da puttana, ma da donna consapevole della propria sensualità.

Quando si erano dati l’appuntamento, lei e Roberto, avevano pensato a Milano. Una città distante per entrambi, soprattutto distante dalla sua casa, dalla sua famiglia, da suo marito soprattutto, anche dai suoi figli distante.

Si era innamorata di Roberto, lo aveva conosciuto casualmente nella sede del partito che frequentava saltuariamente, e subito con lui aveva scoperto una serie di affinità, l’amore per la discussione politica, per i libri e poi la sua dolcezza, il suo accompagnare i gesti con lo sguardo, mai una parola brutta, un atteggiamento aggressivo. Lei si era come abituata a questo. Piano, si stava allontanando dalla vita familiare che cominciava a diventare fredda, che non l’appagava, che comunque voleva riempire con una passione, anche adolescenziale. Riprendere il gioco dell’amore, ributtarsi a capofitto e scivolarci dentro per farsi avvolgere: come lo desiderava! Certe volte si pensava sciocca, diceva a se stessa: “Sei stupida, hai una bella famiglia, i figli che ti riempiono la vita, cosa vuoi di più?” “Voglio vivere, sì voglio vivere”, si rispondeva e annegava il desiderio nei libri d’amore, godendo di abbracci immaginari, di parole sussurrate, di carezze intimamente avventurose. Cominciava ad osservare il marito con attenzione: come mai non lo amava più? Si era esaurito un amore, lo guardava e coglieva una condivisione come tra vecchi amici, ma nulla di più. Si era assopito il desiderio. Roberto le scriveva piccole frasi d’amore, la incitava a riprendere gli studi, ad impegnarsi nell’attività politica e lei si sentiva più sicura di se stessa; con quell’amore addosso, era come indossare un vestito seducente.

Ma il gioco con il marito si stava facendo via via più pericoloso. Il marito la osservava nella sua trasformazione, coglieva in lei atteggiamenti femminili diversi. Sapeva che l’attrazione sessuale si esauriva nell’atto amoroso che consumavano come se fosse quotidiano bisogno fisico. La stava perdendo eppure non voleva fare di più di quello che era. Ad ogni modo, come avrebbe potuto lei trovare qualcuno che l’amasse più di lui? Ogni donna che incontrava la rapportava alla moglie e nel confronto risultava insignificante. Erano insieme da più di vent’anni, non avrebbe sopportato di perderla.

“Dove vai?”, le chiese quel giorno Giuseppe, con noncuranza.

“Dobbiamo andare a Milano per una riunione di partito; vado insieme al nostro segretario e poi dovremmo riportare quello che si è deciso in sede per decidere della linea di accordi da adottare alle prossime elezioni…”, Anna gli rispose, facendo finta di niente.

“Devi andare proprio tu? Ti rimborsano almeno il viaggio?”, insistette Giuseppe.

“Sì, non posso fare a meno, lo sai che mi vogliono candidare e puntano molto su di me; non ho ancora dato la mia disponibilità, però mi piace capire come funzionano questi accordi, non vorrei trovarmi in ingranaggi in cui non saprei come muovermi”

“Farà freddo a Milano, oggi la temperatura si è abbassata molto”, le disse Giuseppe dall’altra stanza, guardando fuori dalla finestra il tempo minaccioso e le nuvole nere che sembravano cariche di soffice neve desiderosa di dimostrare la propria avvenenza.

Fa freddo, puttana, dove vuoi andare con quello stronzo!, pensava Giuseppe, desiderando che morisse ora, in quel momento, mentre sapeva che stava dicendogli una schifosa bugia. Te la faccio vedere, mi tratti come uno scemo ma ti dimostro io chi è lo scemo…, pensava.

“Ciao, vado”, gli si parò davanti. “Mi dispiace per oggi, ma non tornerò tanto tardi. Allora ti arrangi tu con i bambini? Dentro il frigo ho preparato il sugo, prepari una pastasciutta e poi un po’ d’affettato, per una volta non moriranno anche se non mangiano tanto…”, e gli diede un bacetto sulla guancia. “E vai via così, con tutto questo profumo e mi baci come se fossi tuo figlio?” le disse con fare irritato.

Anna tornò indietro, cogliendo il rancore e sentendosi colpevole, avvicinandolo per dargli un bacio sulla bocca. Lui si scostò: “Vai, vai…mi arrangio io…”

Riprovò a baciarlo, ma si scostò ancora e allora Anna che non lo voleva pregare, se ne andò di corsa.

Avrebbe fatto tardi.

Giuseppe, dopo che Anna uscì, telefonò a sua madre: “Mamma, per piacere vai tu oggi pomeriggio a prendere a scuola i bambini. Io e Anna dobbiamo andare a fare un po’ di compere in giro per Natale”.

S’infilò il primo giubbotto che trovò e uscì, all’inseguimento di sua moglie. Sapeva comunque dove sarebbe andata: alla Stazione per prendere il treno per Milano. Le aveva trovato il biglietto, la sera prima, rovistando dentro la sua borsa e così aveva deciso di seguirli, i due piccioncini.

Sua moglie ci sarebbe andata con la corriera, e lui avrebbe guadagnato un po’ di tempo, andando con la macchina fino alla stazione. Trovò posto in un parcheggio vicino e di corsa acquistò un biglietto andata e ritorno per Milano. Il treno era in partenza e salì sul posto assegnato, sperando di non capitare nello stesso vagone di sua moglie. E poi li vide. I due piccioncini. Se la spassavano alla grande, gli stronzi.

Erano lì abbracciati, come se non si vedessero da anni.

Giuseppe ebbe una fitta al cuore: forse morirò o forse li uccido.

Era lì abbandonato sul sedile. Non si accorgeva…

(CONTINUA NEL…2010)

UN FELICE 2010 A TUTTI!ultima modifica: 2010-01-01T00:00:00+01:00da
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