CHI DICE DONNA

CHI NON LAVORA?

Dopo i prelevamenti

Vladimir Vladimirovic Majakovskij (1930)

 

È risaputo:
tra me
e Dio
ci sono numerosissimi dissensi.
Io andavo mezzo nudo,
andavo scalzo,
e lui invece portava
una tonaca ingemmata.
Alla sua vista
mi riusciva appena
trattenere lo sdegno.
Fremevo.
Ora invece Dio è quello che deve essere.
Dio è diventato molto più alla mano.
Guarda da una cornice di legno.
La tonaca di tela.
Compagno Dio,
mettiamoci una pietra sopra!
Vedete,
perfino l’atteggiamento verso di voi è un po’ cambiato.
Vi chiamo “compagno”,
mentre prima
“signore”.
(Anche voi ora avete un compagno),
Se non altro,
adesso
avete un’aria un po’ più da cristiano.
Bene,
venite qualche volta a trovarmi.
Degnatevi di scendere
dalle vostre lontananze stellate.
Da noi l’industria è disorganizzata,
i trasporti anche.
E voi,
dicono,
vi occupavate di miracoli.
Prego,
scendete,
lavorate un po’ con noi.
E per non lasciare gli angeli con le mani in mano,
stampate
in mezzo alle stelle,
che si ficchi bene negli occhi e nelle orecchie:
chi non lavora non mangia.

 

CONTINUA DAL POST DEL 16/O1/2010 (PARTE FINALE DEL RACCONTO “L’EQUIVOCO”)

Ora i pacchetti se ne stavano tra le mani di Giuseppe, che in realtà non sapeva cosa fare. Mosso dall’impeto di seguire il suo istinto, si ritrovava in una città straniera, al freddo, con una moglie che se la stava spassando chissà dove col suo amante, con la rabbia che pian piano stava svaporando per lasciar spazio ad un crescente sentimento confuso.

Aspettare la moglie e vedere la sua faccia felice dissolversi davanti alla sua vista… sì, gli sarebbe piaciuto ma poi? Affrontare il poi non sarebbe stato meno difficile e doloroso. La piccolezza del tradimento gliel’aveva trasformata davanti agli occhi rendendola fragile e infima e, anche se innamorato ancora, non l’avrebbe trattenuta a sé, l’avrebbe lasciata libera di decidere. Tutti quegli anni di vita insieme non erano stati inutili ma per lui, davanti a quei binari di treni, provenienti da mille e mille stazioni diverse, era arrivato il momento di cambiare binario e di provare a vivere in maniera diversa l’esistente.

Si chiedeva della difficoltà del vivere, del fallimento, del motivo che l’aveva condotto al fallimento, avrebbe dovuto cambiare tutto, forse persino casa sua non sarebbe rimasta sua: accettare o lottare?

Certamente non avrebbe lasciato che sua moglie se ne andasse così senza prima chiarire il motivo del suo abbandono e decise che l’avrebbe aspettata al rientro, a casa.

Sul tabellone della stazione vide che il suo treno sarebbe arrivato tra qualche minuto e allora corse in biglietteria e riuscì ad anticipare la partenza.

Salì sul treno e questa volta con un altro stato d’animo rispetto al viaggio d’andata. Prima era profondamente arrabbiato con il mondo, ora era arrabbiato con se stesso, per non aver capito gli eventi, per essersi lasciato andare al tran tran quotidiano senza passione, senza combattere ogni giorno per proclamare il suo amore, per gridare a tutti della sua esistenza, per dimostrare il suo valore anche nelle piccole cose che lui faceva per la moglie e i figli.

Questa volta sui sedili difronte si sedette una coppia di giovani ragazzi, di circa vent’anni, abbracciati in una complicità amichevole. Lo salutarono con simpatia e lui ricambiò con piacere. Questo piccolo gesto sembrò per un attimo riconciliarlo con il mondo e finalmente percepì il languore dello stomaco. Era già passata qualche ora dalla colazione della mattina e si ricordò del pacchetto che aveva riposto nelle tasche del giubbotto. Lo prese, insieme all’altro pacchetto inserito nell’altra tasca. I cioccolatini erano profumatissimi, sembravano quelli di un pasticciere, non confezionati in serie. Ne prese uno, aveva proprio fame. Il cioccolato si disciolse in bocca, e un pizzicorìo si diffuse sul palato, cioccolato al peperoncino pensò Giuseppe. Per cortesia li offrì ai ragazzi, specificando: “Sono cioccolatini al peperoncino…, pizzicano un po’…”.

Grazie”, i due ragazzi presero con curiosità i cioccolatini offerti.

Buoni!”, fecero eco i due, sorridendo per il gusto insolito e il piacere della sensazione sulla bocca.

Prese con curiosità anche l’altro pacchetto e tirò fuori il biglietto per leggerlo. Sorrise …, destino pazzo!, pensò, e guardò la coppia che gli stava seduta difronte. Erano due ragazzotti allegri, lui alto e moro dal sorriso facile, lei timida e con i capelli rossi… come la ragazza del treno precedente, pensò Giuseppe.

Dove state andando?”, chiese loro Giuseppe, stupendosi della sua voglia di parlare.

A Venezia, studiamo lì all’Università, stiamo tornando da una manifestazione contro il precariato…, ne ha sentito parlare?”

No, purtroppo non mi interesso molto di politica”, si scusò Giuseppe.

Tutto è politica; purtroppo questo governo sta tagliando il fondo per la ricerca all’Università. Sa, noi facciamo il dottorato ma qui non si può lavorare, tra qualche anno andremo all’estero altrimenti saremo eternamente precari…”, gli spiegò il ragazzo.

Sì, ma in fondo precari lo siamo un po’ tutti… in tutte le cose che facciamo”, ribatté Giuseppe.

Sa cosa significa precario? Deriva da precarium, da prex, da preghiera… Significa ottenuto con la preghiera. Noi non vogliamo ottenere nulla con la preghiera, quella la lasciamo ai professori di religione, noi vogliamo dedicarci alla nostra ricerca. Lo sappiamo che adesso siamo solo una spesa senza fondo, ma poi…, prima o poi i risultati si vedono e il nostro lavoro andrà a vantaggio di tutti”

Avete ragione, vi auguro davvero di trovare un buon lavoro”

Si stava avvicinando la sua fermata. Si ricordò del pacchetto ancora chiuso e allora vedendo quei due ragazzi così simpatici e allegri, decise di regalarlo a loro.

Tenete, ve lo regalo.”

I due ragazzi lo guardarono con diffidenza.

No, non preoccupatevi, è qualcosa che mi è arrivato così, un regalo diciamo, che io non merito. Forse voi due così innamorati, forse voi…beh, prendetelo…”, e consegnò il regalo alla ragazza dai capelli rossi.

Vabbé…, detta così…, va bene, grazie”, lei lo prese con fare ancora incerto.

Giuseppe si allontanò velocemente, sicuro che quel pacchetto era finito giustamente tra le mani di chi credeva nel futuro e nell’amore.

I due ragazzi si guardarono scoppiando a ridere. Che tipo strano quell’uomo, si dicevano tra loro.

Poi, troppo curiosi, tirarono fuori dal sacchetto il biglietto e lo lessero insieme.

C’era scritto:

Ci sono idee che non moriranno mai,

come il nostro amore

 

Aprirono il pacchetto e dentro c’era un piccolo libro: Il Manifesto del partito comunista.

 

FINE

 

P. S. Sì, ero indecisa sul regalo da lasciare ai ragazzi…, ma non me ne vogliate… Non c’è nulla di più attuale del libro che ho lasciato tra le loro mani…

CHI NON LAVORA?ultima modifica: 2010-01-21T19:32:00+01:00da
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