Vincent Van Gogh – Notte stellata
Ho imparato a infliggere piccoli dolori. Fin da piccola. La mia sorellina addormentata nel letto: io tra le coperte con aghi sottili sollevavo la pelle dei miei polpastrelli. L’ago si infilava veloce nella morbida pelle e il dolore era innocuo, inesistente, forse percettibile appena.
Infilavo l’ago via via sempre più in profondità fino a far uscire piccole goccioline di sangue. Il sangue mi avvertiva che oltre avrei sentito il vero dolore. Il sangue era il mio amico notturno.
Poi mi mangiavo tutte le unghie, fin quasi all’osso dell’unghia. Le unghie sono piccole ossa sottili, si sfaldano ed io rimango con l’ipersensibilità nelle dita, sopra e sotto.
E’ silenzio, alzo leggermente il lenzuolo per guardare mia sorella, addormentata dolcemente sul letto accanto.
Sorella, perché non mi capisci, non senti il mio dolore?
E’ tutto qua dentro, sotto queste lenzuola, ed io sono un fantasma nel buio.
Poi sento i soliti passi: è il mostro della notte. Si avvicina al mio letto, batte i piedi, come a vedere se sono sveglia: ma io sotto sono come un po’ morta, le lenzuola mi coprono tutta e non vedo com’è questo mostro ansimante. Trattengo il respiro e penso che sia la mia ultima notte.
Batte i piedi. Poi non so quanto rimango senza fiatare, immobile, non sento rumori e mi addormento.
La mattina ci alziamo. Mia sorella è sempre lì immobile ma sento il suo sguardo dai grandi occhi azzurri che mi chiede: “Perché stanotte non hai sentito il mio dolore?”
Di notte siamo sole con i nostri incubi.
I miei incubi non sono più gli stessi.
La confusione non è mai la stessa.
Nella mia testa tutto è sempre stato chiaro e perfetto.
Prendevo i fiammiferi e cominciavo a fare piccoli buchi sulle tende della mia camera. Dapprima erano piccole ombre nerastre. Ma non perdevo mai il controllo, tranne una volta in cui si formò un piccolo buco nerastro sul candore della tenda. Era come una finestra sulla finestra.
Avrei bruciato tutto, cancellare questa gabbia della mia esistenza per sempre. Bruciavo anche piccoli peli della mia pelle. I poveri peli non ricrescevano più, spaventati dalla mia cattiveria.
Oggi sono una brava ragazza amata da tutti.
Oggi lavoro in una fabbrica di scarpe.
L’odore dell’acido e della colla ti si appiccica ai polmoni.
Qui le donne sono tutte incazzate, vogliono chiudere la fabbrica. E’ da quando avevo quindici anni che ci lavoro dentro e adesso ne ho trenta. Ho i polpastrelli neri e non importa a nessuno che mi mangi le unghie. Immergo le mani nell’acido per lavare le suole. Ma devo pure mangiare, e la mia famiglia mica mi può mantenere. Qui il sindacato è preoccupato, perde il lavoro. Lui, non noi. Cazzo, sono contenta se chiude questa fabbrica, mica ci voglio morire dentro. Chiudetela, fate presto: questa è una vita di merda!
Ogni giorno col pennarello scrivo poesie strane sulle piastrelle bianche del muro del bagno della fabbrica, poi con il bordo della mia maglia le cancello, lasciando sbavature nere sul candore del muro. Il tipo che lavorava nel mio stesso stanzone ogni giorno mi osservava e spesso mi seguiva al bagno, facendo finta di fare le pulizie e un giorno mi ferma con forza e mi prende le mani tra le sue: “Che sai fare con queste mani?”
Si riferiva forse alle mie unghie?
Sono riuscita a fuggire, come se mi avesse rubato un segreto ma l’ho sentito ridere alle mie spalle.
Il tipo è sparito, ricoverato d’urgenza all’ospedale: un giorno in fabbrica ha bevuto della soda caustica, finita chissà come nella scorta di acqua che teneva nel suo armadietto. Pensavano che avesse incautamente travisato della soda su una bottiglia d’acqua, per portarsela a casa. E che poi si fosse confuso.
Confondersi fa parte della nostra esistenza.
La confusione non è mai la stessa.
Ho imparato a infliggere piccoli dolori quando ho capito che nella mia vita sono sola con i miei incubi.
…la tua scrittura, anche la prosa, ha sempre qualcosa di particolare, qualcosa che attrae, è seduttiva… mi rispecchio in essa… e parlo di espressione…
Quanto al tema del racconto… vorrei dire di essere certo che non è autobiografico… ma non lo dico, non vorrei lanciare sfide pericolose :-)))))))
… la prima parte del testo svanisce e si legge solo se si evidenzia… vedi cosa succede a evocare i mommotis?
… leggi Sade o la biografia di Guido da Montefeltro curata da Cesare Borgia? 🙂
accidenti
doppio accidenti
mi piace come l’hai scritto
moltissimo
ma è crudo
nudo direi
un dolore senza niente addosso
di quelli che ti mangiano il cuore
insieme alle unghie
🙁
brava
(è tutta colpa di imperf, prenditela con lui…)
:-)mandi
si
mi piace molto
🙂
Immedesimata nell’io parlante con metodo, con passione, con forza che viene da dentro. A me piace particolarmente questo genere, mi ci riconosco…
Brava
Controlla la posta e…
Grazie!
Buon fine settimana.
Ciao da Giuseppe.
Meno male che con il favore del tempo (e delle tenebre) qualcuno ce lo lasciamo alle nostre spalle lungo la nostra strada, altri li trasfiguriamo e per nostra fortuna diventano arte, quella che ci riconcilia con il mondo e l’universo ma non con l’essere umano.
P.S. A Roma se dice che i dolori so’ come i soldi, chi ce l’ha se li tiene!
Spero che gli incubi della protagonista non siano anche i tuoi. Se così fosse questo racconto intenso e trascinante ha anche il suo bravo potere terapeutico. Io però preferisco pensare che sia solo lo slancio della tua fantasia.In ogni caso è interessante leggerti.
PS. Non lo faccio di proposito a creare la suspence, è che non riesco a scrivere post troppo lunghi.
Si amplifica certo, gli androni riflettono, diciamo che so’ pettegoli come i condòmini.
P.S. Acuta osservazione, infatti l’ascendente dura 20″, la discendente 14″.
Dimenticavo…ecc, ecc, ecc.
Prego, è un vero piacere.
B-E-L-L-I-S-S-I-M-O !
Complimenti, davvero.
L’ho letto d’un fiato e mi sono sentita brividi addosso. Credevo di essere io stessa la protagonista. Questa forma di immedesimazione è metiro della tua capacità di scrivere.
A rileggerti!
Susanna
…l’immagine è piuttosto modesta… Ho lasciato Nico, visto che ci farà compagnia per diverso tempo, ma ho voluto contestualizzarla con il testo: Gerolamo, utopista incompreso, finito sul rogo grazie a papa e papà Borgia; un’imago di Niccolò imberbe e l’erba mandragola…
Chissà che ci avevi letto… douce Morosita…
Mentre ero assente hai sfoderato una verve da “Seven”… :-))
Al racconto, al racconto :-)))
E’ una storia che reca intatta la bellezza di ciò che è amaro e disperato
poesia?
uhmm
:-)))
oggi ho lasciato perdere l’amore
ahahahaha
sorrisi sottosopra
per un buon inizio settimana EmmaGiulia
:-)mandi
Il codice… ho notato che Virgilio lo chiede con certi domini di indirizzi di posta, come GMail… Se non vedi un codice nelle caselle puoi provare a fargliene generare un altro.
Che vita difficile :-)))
Buonanotte Zombie. Vedo che rimani in tema :-))))
Tutti, prima o poi, ci troviamo di fronte i nostri incubi. L’importante è trovare il modo di affrontarli. Bel post Giulia. Un saluto di qui….e uno di là ;-))
Scale d’emergenza in salita? M’hai fatto venì il dubbio anche a me…forse c’è quella per il paradiso!
Buona trasmissione :-))
Confondersi gia’..
ci sono momenti della nostra vita in cui
null’altro facciamo che confonderci
confonderci in cose futili, in errori, spiegazioni,
forse per farci anche del male una sorta di
autolesionismo irrazionale..
per poi risollevarsi e capire
dove e perche’si siano fatti errori e dove e perche’
altri ne hanno fatti con noi.
La vita e’anche questo.
Un bacio Giulia.
Paradiso dei sensi? E mica c’è bisogno di andare in paradiso, è tutto terrenamente a portata di mano.
Cos’è un libro?
E te credo, basta allunga le mani…!
…co’ l’accento sulla à!
Un calvo radiofonico?
:-)))
Sì, lo immaginavo… un Civile. Noi elettronici… non ci vuole più nessuno :-)))
Per un ingegnere, non è mica poco essere pure civili!
:-)))
Volendo…!
Perspicace la scrittrice!!!
buongiorno EmmaGiulia
:-)mandi