CHI DICE DONNA

UN VIAGGIO IN INGHILTERRA: Alessia versus Katja?

Riporto questa bella trasmissione sul linguaggio di genere, tratta dalla Radio Svizzera Italiana.  Per riflettere: usiamo sindaco o sindaca, portiere o portiera? 🙂

Silvano Cattin direttore di Radio Clodia per una volta mi perdonerà…

Trasmissione Linguaggio di genere

 

A proposito, sto partecipando ad un gioco sul sito http://storie.perfiducia.com/

Ho creato un’eroina (eroe “al femminile” suona molto strano…), Katja…

Chi desidera può diventare mio sostenitore (più sostenitori si hanno più si ha possibilità di vincere),

registrandosi nel sito e diventando sostenitore di Katja

Forse qualcun’altro vorrà diventare a sua volta autore di un eroe…

 

Intanto continua il mio Viaggio in Inghilterra:

 

UN VIAGGIO IN INGHILTERRA

Continua dal post precendente

Qui tutto il racconto fino a questo punto… senza girovagar per post…

 

L’aveva presa tra le braccia e lei si era improvvisamente spaventata, ma non gli era sembrato un semplice spavento, era proprio paura quello che le aveva visto sugli occhi. Per un attimo aveva pensato che avesse quasi sentito dolore. Cacciò via quel pensiero dalla testa…

Da Londra la compagnia si diresse verso l’Università di Southampton, presso uno degli innumerevoli campus dove avrebbero trovato alloggio in una delle piccole casette che ospitavano compagnie di studenti provenienti da ogni parte del mondo. Tutti giovani, sembravano formare una città del futuro, immersa nel verde e attraversata dal fiume, dove le canoe viaggiavano sulle acque tranquille.

In Italia si sognavano spazi così immensi per l’università, ristrette nelle stanze di pur prestigiosi palazzi cittadini.

Il gruppo degli italiani trovò alloggio in una bella casetta di una decina di stanze dislocate su due piani. Alessia si ritrovò in camera con altre tre ragazze. Subito si trovò bene con loro, erano tutte simpatiche. Nello stesso piano si trovava anche la lavanderia e questo subito si dimostrò utile, perché la roba da lavare in quei giorni si era accumulata e desiderava cambiarsi e sistemarsi un po’. Però decisero di approfittare della bella giornata e insieme andarono ad esplorare i dintorni della casa. Stanchissime del viaggio si sdraiarono sul bellissimo prato vicino alla casa.

“Alessia, ma per caso piace anche a te Neal?”, chiese Sara ad Alessia.

Sara era una ragazzotta mora, dallo sguardo indagatore, frequentava il liceo scientifico, un piccolo mostro in matematica, da quel che si diceva in giro.

“No, assolutamente, proprio non ho testa in questo momento per pensare a qualcuno; già ho le idee poco chiare…, sto cercando di uscire da una storia con un ragazzo più grande conosciuto quest’estate… E tu?”, rispose, dimostrando curiosità nei suoi confronti.

“Mah…, mi sembrano tutti scemi i ragazzi della nostra età: credono che infilarti la lingua in gola e piazzarti la mano sul culo sia il massimo; e poi non hanno un minimo di intelligenza per guardarti e capire che non vuoi parlare solo di calcio, di amici, e di cavolate varie.”

“Con il mio ragazzo sto bene, ed ha la mia età…”, si intromise Fabiola nel discorso delle due compagne.

“Da quanto tempo state insieme?”, le chiese Sara.

“Da un anno ormai, lui sta frequentando l’istituto tecnico…”

“Ma non è impegnativo? Non hai voglia di fare altre esperienze?”

“No, assolutamente, mi trovo benissimo con lui, abbiamo gli stessi interessi, a me piace cantare e lui suona la chitarra, abbiamo un gruppo musicale…”

“Che bello! Allora canti?”

“Sì, abbiamo un gruppo e andiamo nei vari centri sociali a cantare. Ci divertiamo un sacco, conosciamo tanta gente e poi si parla non solo di musica ma anche di politica, mica tutti i ragazzi sono uguali!”

“Già… , non tutti…”, rispose amaramente Alessia e si distese nell’erba.

Le immagini di Roberto le si accavallarono nella mente insieme all’erba, il profumo della notte, le stelle, tutto in un vortice e le sue mani, che la stringevano, stringevano sempre più forte. Sentì il respiro farsi affannoso e credette di soffocare, si tirò subito in piedi, madida di sudore.

“Ti senti bene?”, la guardavano preoccupate, le altre ragazze.

“No, non è niente…, ho solo un po’ di sete, non sono abituata a stare al sole…, vado un attimo in camera”, si scusò con le amiche.

Ad Alessia girava tutto, aveva davvero bisogno di tornarsene a casa, non in camera, voleva essere a casa sua, a curarsi, a leccarsi le ferite come una gattina. Raggiunse velocemente la camera e si richiuse dentro: dentro aveva una rabbia che voleva esplodere, esplodere. Prese una maglietta, se la mise tra i denti e cominciò a mordere forte, finché non trovò più la forza e si buttò sfinita sul letto.

Non capiva quanto tempo avesse dormito. Si svegliò quando in camera la raggiunsero anche le altre ragazze.

“Sembri scolvolta, stai male? Sei pallidissima”, le si avvicinarono al letto, dove se ne stava ancora distesa. “Poco fa ci hanno spiegato il regolamento e stasera abbiamo la discoteca, su una piazzola qui vicino all’aria aperta. Perché non sei venuta a mangiare? Vedessi che schifo di roba…”

“Ero troppo stanca, ma adesso mi preparo subito, ho voglia davvero di ballare”, le amiche la misero subito di buon umore. Trovò un vestito, e sciolse i capelli sulle spalle: si guardò allo specchio e si odiò profondamente. Si cambiò e si mise un paio di jeans e una semplice t-shirt.

“Stavi benissimo…, così magra, bionda…, vorrei essere io come te”, le disse Sara, che cercava di strizzarsi dentro un paio di pantaloni neri.

Scesero insieme; nell’aria aleggiava la musica e si sentirono trasportare leggere nella candida atmosfera della sera. La piazzola era piena di gente e si buttarono dentro per ballare, scatenandosi come pazze. Si piazzò vicino a loro un gruppetto di ragazzi francesi e anche Neal si avvicinò a loro, finché il dj non mise un lento e Neal le fu subito accanto. L’aveva osservata mentre ballava, la vedeva muoversi e pensava di non avere mai visto nulla di più bello. Angelica, forse.

“Ti va?”, e già la cingeva con le mani sui fianchi.

Alessia non rispose, si lasciò trasportare e non sapeva cosa stava accadendo, quando sentì la sua testa chinarsi sulla spalla e cercare il collo per assaporarne il profumo. Durò un attimo, perché come la musica cessò, si ritrovarono staccati, allontanati tra gli spintoni della gente che ritornava a ballare. Neal la prese per mano e la condusse fuori dalla mischia.

“Ti devo parlare…”

Si misero seduti su una panchina del parco, la musica in lontananza faceva da sottofondo.

“Scusa per l’altro giorno, mi spiace averti trattato così…”

Alessia era incerta su come rispondergli, poi lui continuava ad avvicinarsi.

“Non ti va di parlare con me? Sei strana, anche le tue amiche mi hanno detto che sei stata male oggi pomeriggio…” Poi, fece per accarezzarla. “Sei bellissima, lo sai?”

Alessia lo allontanò con le mani, presa dal panico.

“Cosa vuoi anche tu da me?”

“Niente, cos’hai capito?”

“Niente? Mi fai schifo…”

“Scusa, non volevo…”

“Mi fai schifo!”, adesso Alessia si era messa in piedi e quasi gridava.

“Perdonami, non avevo capito…”

“No, adesso te lo faccio capire io…” e cominciava a picchiarlo con la mano, cercando di schiaffeggiarlo. Lui si ritraeva, mentre Alessia era in piena crisi isterica, finché lui non la prese per i polsi.

“Basta! Smettila, è tutto a posto…”

(CONTINUA)

 

UN VIAGGIO IN INGHILTERRA: Alessia versus Katja?ultima modifica: 2010-03-13T23:00:00+01:00da
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