CHI DICE DONNA

RITORNO A CASA


Il rumore di te stesso

rincorre un silenzio senza fine.

Aperte le porte

si liberano i messaggi

di un cuore muto

senza dolci speranze.

Ricerchi te stesso?

Disteso sopra il letto

ti leggi dentro

quello che ormai

credevi realtà.

Ma può essere reale

ciò che è solo il prodotto

di una tua falsa modestia

sulla tua intelligenza?

 

 

 

 

 

Continua il mio Viaggio in Inghilterra. Qui il racconto fino a questo post, per chi non desidera girovagar per post.

Sono trascorsi 5 anni dall’ultimo incontro tra Neal e Alessia…

 

UN VIAGGIO IN INGHILTERRA

 

CONTINUA DAL POST PRECEDENTE

 

Ritorno a casa

(2010)

 

 

“Alessia!”, Neal guardò la bionda ragazza slanciata che le era passata accanto.

Il suo sorriso…, felice.

“Alessia!”, la richiamò più forte, mentre la ragazza non lo aveva riconosciuto e proseguiva parlando con le altre ragazze del gruppo.

Alessia si voltò e lo guardò con attenzione. Gli occhi, stupendi occhi da amare, – pensò Neal – si aprirono con stupore.

“Neal?”, rispose quasi non credendo all’immagine davanti. “Sei proprio tu?”

Neal sorrise timidamente.

Si staccò dal gruppetto e gli andò incontro, gettandosi d’impeto ad abbracciarlo. Una felicità improvvisa lo colse, come se non avesse aspettato altro nella vita. Cinque anni erano passati da quei giorni tumultuosi e affannati a Southampton.

Rimase impacciato, immobile per l’emozione.

“Cosa ci fai qui? Non dirmi che sei ancora studente…” e gli lanciò un sorrisetto ironico. Aveva notato la giacca di velluto e la camicia a quadri stropicciata, fin troppo elegante per i gusti sportivi di Neal. E’ sempre lo stesso, pensò, il tempo si è fermato.

“No, insegno qui in Facoltà…”, le disse quasi vergognandosene.

“Allora ci vedremo ancora!”, lanciò un’occhiata alle amiche che l’aspettavano impazienti, “Ora ho lezione, devo andare, è stato bellissimo”, e fece per andarsene, in maniera troppo affrettata, parve a Neal.

“Dammi un indirizzo, il tuo telefono, come faccio a rintracciarti?”, cercava di trattenerla ma lei già si era allontanata, raggiungendo velocemente il gruppetto delle altre ragazze.

“Ti trovo io!”, gli gridò quasi, e la vide sparire dentro i corridoi del palazzo dell’Università.

“Chi era?”, chiese una delle ragazze ad Alessia.

“Nessuno, un vecchio amico…”, le rispose, “Vado un attimo in bagno, entrate pure, vi raggiungo tra poco in aula” e prese la direzione verso i bagni.

Le stanze erano vecchie e puzzavano.

Sentiva fluire dentro di sé tutte le emozioni che credeva ormai di aver dimenticato. Che cazzo ci faceva là Neal?

Andò al lavandino e si buttò un po’ di acqua fredda sul viso. Forse non si sarebbero più incontrati, che probabilità c’era che tra loro ci sarebbe stato qualche altro incontro? Sentì fluire il sangue caldo giù dal naso, prese un fazzoletto per tamponare il flusso e si appoggiò alla porta per prendere respiro.

Uscì dal bagno per tornare a lezione. Era troppo importante seguire quel corso e alla lezione di quel professore ci teneva veramente, le mancava solo un esame e poi avrebbe dato la tesi.

Diventare educatrice, non sapeva se quella era veramente la sua strada, ci avrebbe comunque provato, con i bambini ci sapeva fare.

Uscì e se lo ritrovò di nuovo. Era seduto per terra, davanti alla porta dei bagni, la valigetta da professore accanto, sembrava uno studente fuori corso.

“Credevi che ti avrei lasciato andare via così? Senza scambiarci una parola? Alessia, sono passati cinque anni…”, sembrava deluso.

Si sedette accanto a lui. Era come essere sul prato in Inghilterra.

“Vedi, sono destinato a curare le tue ferite”, e le tolse il fazzoletto sporco di sangue dal naso per passargliene uno pulito, sorridendo perché davvero lo pensava.

Alessia prese il fazzoletto, però il sangue si era fermato. “Ormai non serve più…”, gli rispose con ironia.

“Vieni…, andiamo fuori, ormai ho perso la lezione, andiamo a bere qualcosa al bar”, si tirò su e gli porse le mani per trascinarlo. Neal si alzò in piedi e se la ritrovò davanti, ora donna. Riemerse tutto il suo desiderio, nonostante il tempo trascorso, e cinse con le mani i fianchi e la tirò a sé per baciarla. Il sapore della sua bocca era un misto di sangue. Alessia si lasciò baciare, percependo lo stesso desiderio, come se fosse rimasto qualcosa di incompiuto da completare.

Si staccarono dal bacio come vecchi amanti, noncuranti degli altri.

Uscirono dalla sede della Facoltà di Scienze della Formazione, Palazzo del Capitanio, passando attraverso l’arco della Torre dell’Orologio nella Piazza dei Signori. Quel passaggio per Alessia rappresentava l’uscita da un giardino fatato, ombreggiato dagli alberi, alla vita frenetica della città. Pochi metri per determinare il mondo.

Più volte si era fermata ad osservare il grande orologio che campeggiava nella torre.

“Di che segno sei?”, chiese Alessia a Neal.

“Capricorno, … perché questa domanda?”

“Beh, manca il segno della bilancia sull’orologio…”, e gli indicò il grande orologio sulla torre, “L’hanno fatto apposta, manca la giustizia a questo mondo…”, rispose seccamente Alessia.

Neal si fermò. “Non puoi essere così. Perché vuoi rovinare tutto? Anche adesso, a distanza di anni mi fai paura quando fai queste affermazioni, siamo qui insieme e tutto è bello e tu … Il pittore di quell’orologio l’avrà fatto con altra intenzione…”

Alessia scoppiò a ridere, perché Neal se l’era presa così, per una battuta infelice.

L’aria era fresca e frizzante. Le strade padovane erano un via vai di gente tra le bancarelle del mercato sulla piazza.

Neal la guardò. Sì, era cambiata, non solo perché si era fatta donna, dalle forme dolcissime, ma nello sguardo, consapevole di sé, sicura.

“Cosa stai seguendo? All’Università cosa frequenti?”, le chiese.

“Scienze dell’educazione. Sto facendo tirocinio in un asilo nido privato, mi piace, è un bel lavoro e mi hanno già detto che mi assumeranno dopo la laurea…, in settembre dovrei presentare la tesi”

“Così lavori e studi… , sei brava”, la incoraggiava a parlare.

“La sera lavoro in un bar del centro, altrimenti non riuscirei a pagarmi la stanza in affitto con le altre ragazze. Siamo in quattro che ci dividiamo l’appartamento, per restare a Padova è la soluzione migliore…, e tu? Da Oxford a Padova, come mai?”

“Dopo la tesi sono stato assistente del mio Professore ad Oxford e poi mi è stato offerto una cattedra di letteratura inglese qui a Padova, insegno a Lettere ma il mio sogno rimane Venezia”

Camminarono tranquilli per le vie porticate di Padova, scambiandosi sorrisi.

“Andiamo a casa mia?”, le disse così a bruciapelo, “Vieni, così ti mostro dove abito e mangiamo qualcosa, dovrei avere qualcosa in frigorifero”

Si incamminarono verso Prato della Valle. Neal abitava su un piccolo condominio tranquillo.

Casa sua era composta da un soggiorno-cucina e una luminosissima camera da letto.

“Sono tutti professori che abitano questi appartamentini, li usano come secondo appartamento. Praticamente non ci abita nessuno…”

“E tu chi ci porti?”, Alessia prese la foto appoggiata sul tavolino del soggiorno e guardò il bel sorriso della ragazza ritratta, “E’ la tua ragazza?”

“Sì, lavora all’Università…”

“Adesso dov’è?”, ripose la foto con delicatezza.

“All’Università…, credo”

“E se ti trovasse con me, cosa penserebbe?”, gli diede le spalle.

“Non me ne importa, ora”, e le andò vicino, “Aspettavo solo te”

La prese per i fianchi e la girò verso di sé.

“Avevo voglia di rivederti…”, cercò di baciarla, le scostò i capelli dal collo.

Aveva aspettato, ripercorso nei suoi desideri quel momento in cui l’avrebbe rivista, perché sapeva che l’avrebbe rivista. Era venuto in Italia anche per lei. Il lavoro era stata una scusa, una causa giusta.

Alessia si abbandonò ai baci. Si ritrovarono nel letto come se fosse naturale, come se non ci fosse null’altro intorno che il fluire di uno stesso desiderio, appagati da carezze e da soffi di amore. Si addormentarono abbracciati nel calore dei loro corpi.

Alessia si svegliò per prima. Realizzò di essere ancora nel letto con Neal. Fuori la luce si stava scaldando dei colori dell’imbrunire, e poi sentì che le stava capitando ancora. Piano si svincolò dall’abbraccio di Neal, cercando di non svegliarlo. Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno, fece appena in tempo ad entrare che cominciò a vomitare nella tazza del water. Non aveva mangiato nulla ma lo stomaco si stava ribellando comunque. Le capitava sempre così. Anche con altri uomini. Possibile … anche con Neal? Lo aveva desiderato veramente, non riusciva a capire come mai il suo corpo si stesse ribellando. E sapeva cosa sarebbe successo dopo: le avrebbe fatto schifo, non avrebbe più sopportato che la toccasse.

Quanti litigi aveva dovuto affrontare per questo suo comportamento? Aveva cercato di analizzarsi ma non riusciva a gestire il corpo, nonostante la sua razionalità sapesse benissimo ricondurre all’episodio che lo aveva scatenato.

Era meglio andarsene, non sopportava di affrontare un’altra storia di spiegazioni insopportabili…

Si rivestì in fretta, recuperando i vestiti sparsi nel letto, e uscì di corsa dall’appartamento prima che Neal si svegliasse.

(CONTINUA)

 

RITORNO A CASAultima modifica: 2010-04-11T08:05:00+02:00da
Reposta per primo quest’articolo