Certamente non nelle scarpe dal tacco infinito.
Nemmeno quando mi metto sulle labbra il rossetto più rosso.
Né quando allungo le ciglia col rimmel o quando indosso un abito scollato.
Oh, sì! Il gioco seduttivo è perfetto… Ma la mia femminilità sono sicura che non sia in questo, perché rimango donna anche senza tutti questi oggetti.
Apro la finestra e guardo questo bellissimo cielo, la laguna che si estende, calma, oltre l’orizzonte e non so nemmeno se questo mio sguardo sia femminile. Mi accorgo che molti poeti e scrittori hanno guardato con lo stesso sentimento.
Non penso nemmeno sia quella dolcezza a caratterizzare la mia femminilità, molti dicono sia questione di sfumature, ma le sfumature non hanno colore, sbiadiscono a poco a poco.
Guardo il mio corpo e dico che in quello siamo profondamente diverse…
La maternità ci contraddistingue, ci rende uniche, grandiose nell’atto creativo eppure non c’è nulla di più negativo per una donna di una maternità o di una mancata maternità.
Se abbiamo un figlio, tutto ci cade addosso: perdiamo credibilità, al lavoro siamo un peso, costiamo di più alle aziende, i sensi di colpa ci attanagliano, ci trasformiamo in eterne mamme. Se non abbiamo un figlio ci accusano di essere isteriche, cominciano i sensi di colpa, nasce un sentimento di inadeguatezza e di mancanza per arrivare all’annientamento della femminilità.
Eppure noi donne non siamo solo madri, non siamo solo non-madri.
Non saprei definire la mia femminilità, ma sfido chiunque a definire la femminilità e qualunque uomo a definirmi la sua mascolinità.
Un viaggio in Inghilterra
1° principio della Relazione di aiuto Chi aiuta non può approfittare del bisogno di aiuto dell’altro (da Andrea Canevaro) |
Qui il racconto fino a questo post.
continua dal post precedente
Cristina, piccola donna teutonica, un metro e sessanta di determinazione: laurea in scienze dell’educazione a 21 anni, assistente tutto fare del Preside di facoltà, si barcamenava tra tutoraggi impossibili di corsisti fuoricorso, gestire l’agenda del Preside, presenziare alle sue mancanze.
Neal riconosceva la sua efficienza, ma non sopportava la programmazione continua in tutti gli aspetti della vita. Come se non esistesse il caso, la sorte, la fatalità, l’eventualità e il caos, caos irrimediabile in cui sentiva che ora stava cadendo. Quel suo caschetto perfetto, quel seno perfetto e piccolo, quelle forme così perfette cominciavano ad irritarlo. Sembrava una segretaria perfetta anche nell’amore: compito per casa svolto a regola d’arte. Si mise a sorridere guardandola come se fosse stata la prima volta che la vedeva.
“Che hai? Hai una faccia strana”, gli chiedeva ed era logico che nulla sfuggiva al suo sguardo indagatore.
“Nulla, sono un po’ stanco e domani vorrei concludere il programma e dare le ultime indicazioni agli studenti, … ci vediamo dopo se vuoi”, cercò di sorvolare.
“Vengo anch’io, ti aspetto se vuoi”, gli disse per fermarlo.
“No, meglio di no, ti farei sprecare tempo per niente”, tentò di rassicurarla. Il tempo, per lei era la cosa più preziosa da non perdere. “Ci vediamo stasera, dopo passo da te …”
“Va bene”, Cristina acconsentì delusa. Come al solito Neal si sarebbe dimenticato di passare da lei.
Però lo stimava, lo apprezzava. Se qualcuno le chiedeva se lo amasse, avrebbe risposto decisa di sì, ma per lei rappresentava una dei tanti piccoli tasselli che componevano il suo progetto. La passione la metteva ogni giorno nel suo lavoro, per quello si ammazzava letteralmente: il sogno di diventare docente universitaria doveva diventare realtà ad ogni costo.
“Aspetta…”, la richiamò indietro Neal.
“Cosa c’è?”, si aspettava almeno un suo bacio…
“Tu saresti in grado di rintracciare qualche studente? Potresti entrare nel database dell’Università?”, le chiese Neal.
“Certo, perché questa domanda?”, le chiese delusa, nemmeno un bacio.
“C’è uno studente del mio corso che dovrei rintracciare per un lavoro di tesi, … adesso è ancora presto, vedremo…”, rispose Neal rassicurato.
E la salutò con un bacio leggero sulla guancia, come una semplice amica. Cristina l’osservò salire le scale, concentrato nei suoi pensieri.
Con tutto quel tempo a disposizione forse poteva sistemare quelle slides per la presentazione del professore del giorno dopo e riordinare la posta: Cristina era un’anima positiva per natura.
***
Alessia rientrò a casa dopo aver salutato Roberto che l’aveva accompagnata fin sotto casa.
“Amore, quando riuscirò a superare l’esame di stato, entrerò di diritto nello studio di mio padre e ci sposeremo”, Roberto la lasciò andare con queste parole, come ogni volta, credendo di farla felice.
Lei annuì e lo baciò, per accontentarlo. Quella mattina, le luci dell’alba già cominciavano a rischiarare la giornata: lo guardò con attenzione, forse l’amava davvero. Si stava sbagliando? Roberto era un bravo ragazzo, un uomo che le sarebbe stato sempre accanto, che l’avrebbe protetta da tutto e da tutti. Certo, quel suo fare da padrone la irritava ma tutti quegli anni insieme, a discutere e a litigare su quel primo episodio di violenza, avevano mitigato il rancore per lasciare spazio ad una condivisione di emozioni, di amicizie, di obiettivi. Quella sua abnegazione, quel modo di restarle vicina nonostante le sue scelte non sempre in accordo. Come poteva non amarlo? E poi, forse era lei che aveva sbagliato tutto.
Provò a baciarlo con maggiore passione. Il suo corpo rispondeva al desiderio, proprio con lui … Non riusciva a capire.
“Ti amo”, le disse, travolto anche lui da quel sentimento incerto che traspariva dal suo bacio, come se fosse prossimo ad una vittoria.
Si staccò per istinto di conservazione.
“Vado…, stamattina ho lezione e non devo mancare…”, le disse per scusarsi.
Scese in fretta dalla macchina, provando dopo tanto tempo un po’ di felicità: cosa le stava succedendo? Vedeva tutto chiaro davanti a sé: Roberto non la spaventava più, era diventato parte importante di lei. Perché combattere contro di lui e contro se stessa, quando tutto ora le appariva semplice…
(CONTINUA)
La tua domanda finale inibisce ogni mia risposta, non c’è bisogno di sfida!
Confondere l’amore con il “possesso”?
Ehi, sono due sentimenti opposti nella mia visione della vita, e poi, mica sono un giannizzero! No, non ho mai confuso l’amore col possesso, dirò di più, mi sembra un termine obrobioso, da usarsi in economia o in estimo, es: all’ufficio catastale si accerta il possesso di un bene immobile, una servitù di passaggio è un diritto reale di godimento su cosa altrui, ecc. Niente a che fare con l’amore per quanto mi riguarda.
Un caro saluto e l’augurio di una buona giornata.
haffner
Giulia, ma dov’è quel bel canale di laguna riportato in foto? Le barche sono attrezzate per la pesca alle vongole… mi verrebbe da pensare a Chioggia o a Marano Lagunare.
Un saluto ancora.
haffner
La femminilità esiste, è palpabile, è qualcosa di meraviglioso, ma non è definibile… perchè la femminilità non è qualcosa di rigido, ogni donna ha la sua, ogni femminilità è particolare e merita distinzione… Si desidera una femminilità particolare, si desidera emularla…
Quell’altra cosa “mascolinità”… non saprei… qualcosa di molto grezzo…
Ehii! Ma io conosco bene quel posto in foto, ma non ricordo… sì sì fammici pensare, ecco, no. Boh, deve essere parte di un mio sogno, forse una mia vita parallela.
Ho conosciuto di persona scrittrici e donne super impegnate, mamme e manager, ultimamente. Sono stato alle presentazioni di un paio di libri zeppi di ironia e simpaticità sull’argomento da te affrontato a inizio post. Li ho letti. Posso dire che la femminilità forse a volte un po’ si nasconde, resta latente, ma immancabilmente sboccia come fiore ad ogni primavera. A meno che una (donna) decida di non arare più il suo giardino.
Intreccio armonico e semplice complessità in questo tuo…
… tutto sommato l’ho definita… per una volta fammi essere sintetico… preferisco la femminilità, una in particolare…
da noi la par condicio è alla base … ma non essendo sotto elezioni … esiste solo alla lunga 😀 felice weekend !!!!! smackkkkkkkkkkkkk
Buon 1° maggio a te care Giulia.
Ciao da Giuseppe.
Mica mi piace sai la rinuncia di Alessia. La preferisco battagliera. O è semplicemente la voglia che ho di vedere donne che non si adagiano?
Lavoro? What is this? Rido.
biongiorno!non prendo acidi ma secondo me sono impossessato da un alieno che ne prende assai!ihihihih:…baciotto!benkoo
cercavo qualcosa di più soft dei DualKore…
http://www.youtube.com/watch?v=gKsb-Lgr1a4
Do you surrender?
… troppa fretta Ale…
“No, meglio di no, ti farei sprecare tempo per niente”…
Ad una ragazza attenta come Cristina sarebbero dovute suonare tutte le sirene d’allarme possibili… 🙂 Cri, mangia la foglia!!!
…osservo che il primo principio della Relazione di aiuto nel globo terracqueo è scarsamente applicato… *
Non so se esistono trattati di questo genere. Ma lo si potrebbe scrivere intervistando le une e le altri. Ho il sospetto che non troveremmo differenze sensibili però. Donne siamo e quello che ci rende uguali nel dolore e nelle gioie.
P.S. Ma roba da trovare un miliardario per non fare un cazzo tutto il giorno no?
se ti piace… allora incido subito un CD io… uaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhh!
http://www.youtube.com/watch?v=unVEJKH4H7E
Forse, al contrario hanno una soglia più alta. Sono abituate da sempre al dolore. Un altro dolore. E non è detto che non faccia più male.
Femminilità? Io la sento a naso.
P.S. Tutti a Roma…ce la state a consumà.
II P.S. Se gli ospiti sono più d’uno uso quelli di plastica, non ce la farei!
la compagna è mia nel senso che ci faccio parte, perlopiù ci suono e scrivo piccole cose, la maggior parte dei testi è di mio fratello come quello del monologo.
p.s
è bellissimo il pezzo scritto da te che mi hai mandato,
è bello vedere qualcuno che recita le tue cose hai ragione!
🙂