E ci sono anche le mamme a disposizione!
Ehi, ma che bella famiglia!
Un viaggio in Inghilterra
dai principi della Relazione di aiuto (da Andrea Canevaro) Chi aiuta è tenuto a sospendere il giudizio sull’altro
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Qui il racconto fino a questo post.
continua dal post precedente
Si stava innamorando.
Ancora vestita si gettò nel letto. Le amiche la trovarono ancora col trucco e le scarpe addosso e decisero di lasciarla dormire, non riuscendo a leggerle gli incubi in cui piano stava scivolando.
Erano già le nove della mattina quando lo stomaco cominciò a lanciarle richiami di fame. Si alzò per mangiare. Nel tratto fino alla cucina trovò lo specchio e si fermò a guardare la strana figura riflessa. I suoi occhi erano ombreggiati di nero e l’azzurro spiccava nel pallore del viso. I capelli erano arruffati e cercò di sistemarseli per trovare un po’ di dignità estetica. Era ancora con la minigonna di pelle e le calze a rete smagliate; la magrezza la spaventò, per istinto era portata ad associarla alla malattia. Andò verso la dispensa per cercare qualcosa da mettere in bocca e trovò solo un po’ di biscotti; in quella casa non c’era granché quanto a cibo e a pulizie. Nessuna tra loro aveva a cuore la cura della casa e vivacchiavano mettendo in ordine una volta alla settimana. Guardò l’orologio e si accorse che erano già le nove; aveva dormito solo tre ore, ma decise che comunque non sarebbe mancata a lezione.
Si lavò velocemente e ai rese conto che tutto intorno a lei era meraviglioso.
Amava per la prima volta, e non le importava di niente, era finalmente felice. Indossò jeans e una maglietta bianca per sentirsi pulita. Roberto aveva ragione, doveva cambiare vita, non voleva più andare al locale, e quella sera – aveva deciso – avrebbe parlato con Carlo e gli avrebbe detto che sarebbe stata l’ultima settimana di lavoro per lei in quel posto. Voleva applicarsi nello studio e nella preparazione della tesi: aveva bisogno di concentrazione e non poteva attardarsi e stancarsi così tanto. Magari avrebbe cercato qualche lavoretto meno faticoso.
Con questa consapevolezza nel cuore uscì di corsa per andare in facoltà. Trovò le sue amiche sorprese di vederla entrare a lezione. Si scusò col Professore per il ritardo e prese posto vicino a loro.
Il Professore parlava di un nuovo termine, di resilienza, definita come la capacità, propria di alcuni metalli, di resistere ad un urto, assorbendo energia cinetica anziché rompendosi.
I ricercatori studiavano i processi che aiutano alcune persone a resistere ai colpi della sorte sviluppando capacità creative invece che patologie psichiche. La resilienza tuttavia non è la stessa per una barra di ferro posta nell’aria o posta in acqua, molto dipende dall’ambiente circostante. Come diceva uno psichiatra, Boris Cyrulnik, “Ciò che caratterizza la condizione umana è la memoria semantica, la memoria del racconto intimo che ci si fa, quando, nella propria solitudine, ci si racconta la propria ferita, cosa ci è successo, e lì ci si può rendere prigionieri del proprio passato. Ma dal momento in cui noi parliamo, o in cui possiamo condividere il racconto della nostra identità narrativa, quando possiamo dire “io so che sono così perché mi è successa quella cosa” e possiamo condividere con delle parole ciò che è successo, noi ridiveniamo un po’ padroni del nostro passato. Lo possiamo rimaneggiare con le parole e indirizzare ad altri. Un racconto intimo condiviso può trasformare una prova in gloria se si fa di un ferito un eroe o in vergogna se lo si trasforma in una vittima”
Alessia si mise a ridere tra sé: condividere… e in quell’aula affollata si sentì catapultata in una solitudine immensa. Sì, sapeva di essere sola, ma con Roberto accanto poteva superare tutto, era con lui che voleva condividere la sua vita.
Neal, intanto, l’aspettava fuori dall’aula. Sapeva che sarebbe andata a lezione. Aveva terminato quella mattina la sua ultima lezione di letteratura inglese. Alcuni studenti avevano cercato di trattenerlo per parlare dei lavori di tesi ma lui aveva la testa completamente da un’altra parte, non vedeva l’ora di rivederla ancora, di parlarle, di toccarla…
Invece Alessia quando uscì dall’aula, lo vide ma fece finta di niente, non un sussulto, nulla.
“Alessia”, la chiamò, sorridendo come si accoglie un’amante.
Alessia si ricordò di lui: uno sbaglio, un incidente. Che stupida, cacciarsi nei guai sembrava una sua unica grande capacità innata!
“Ciao”, cercò di sorridergli e gli andò incontro. “Cosa fai qui?”, chiese ingenuamente.
“Ti aspettavo, vuoi che andiamo a farci un giro insieme? Ti mostro lo studio dove lavoro…”, aspettava solo la conferma per prenderla sottobraccio e portarsela via. In quel momento si sentiva fragile come un albero cui qualcuno cercava di strappare il frutto più bello.
“No, ora devo tornare a casa, devo studiare un po’ e devo riposarmi perché stasera devo lavorare…, mi dispiace, proprio non posso…”, fece cenno alle sue amiche di aspettarla.
“Credevo…, ieri te ne sei andata via così…”, non voleva parlare davanti a tutti, ma la delusione della sua maschera di indifferenza era troppo forte.
“Scusami davvero, ne parleremo ma ora devo proprio andare”, le rispose decisa e si allontanò da lui raggiungendo in fretta il gruppo delle amiche. Alessia proseguiva tranquilla, ormai aveva imparato a sedare le emozioni, anche se le immagini dell’amore con Neal del giorno prima le scorrevano davanti con le sue mani, le sue carezze. Si toccava le labbra e assaporava i suoi baci, si passava la mano tra i capelli e sentiva le sue mani, si voltava e coglieva una carezza. Un altro errore, si diceva, accusandosi dello sbaglio. Ormai sapeva di amare Roberto e quello che era stato un errore non poteva turbare ciò che finalmente le sembrava chiaro.
Neal si chiedeva dove avesse sbagliato, con lei era stato dolce, aveva sentito il suo amore e allora? Perché? Mentre si allontava la vide ancora ragazzina; così vestita la sentiva lontana anche dal suo mondo, dal suo modo di essere. Ritornò in ufficio, aveva dentro un malessere indecifrabile, così quando arrivò Cristina, si sentì improvvisamente sollevato da ogni pensiero cattivo, amato.
(CONTINUA)
E questo il gioco perverso. Instauro rapporti, li sciolgo, li cerco, li distruggo, mi distruggo, annaspo, cerco una via di fuga. Poi mi trovo stordita e non oppongo resistenza. Ma non riesco neppure a tramutare la forza degli altri in un vantaggio per me. Si. Devo imparare la resilienza.
credo solo che la femminilità si dirami in tante piccole cose che l’anima femminile fa durante la sua esistenza, credo che essere o non essere madri non sia il sacco dove deporla, credo che nella donna da parte delle anime mascoline si instaura un feeling tra l’anima ed il cervello e li che la femminilità esce non piu democratica ma dittatore nell’interporsi con il proprio cuore e cosi facendo ne nasce un mix il quale l’uomo non puo farne a meno…la donna E’ femminilita secondo il mio umile parere…un abbraccio giulia da benkoo
L’amore! Ah! L’amore; quanto amore nei tuoi scritti: amore dato, ricevuto, ricambiato. Non ricambiato, sperato, subissato: quanto amore! Mi stupisce, ne sono favorevolmente preso, come tutte le vicende umane. A me piace calarmi in ogni aspetto delle vicende umane. Tu riesci a farlo egregiamente nelle varie sfeccettature dell’amore. Complimenti.
… ma come nessuna soddisfazione! Sei stata bravissima… sto pensando a rilasciarti un attestato… *
Giu, hai sentito che fortunati i ministri di questo governo?
Qualcuno gli paga la casa e non ne sanno nulla… Scajola: “forse la mia casa pagata da altri”… e lui dice di non essere contento…
Com’è che a me non me la paga nessuno pur essendo favorevole?
Una questione evangelica…
I titoli dei giornali di domani fanno morire dal ridere: “non so chi mi abbia comprato casa”, “chi ha comprato la casa di Scajola?”, “Scajola: qualcuno mi ha pagato la casa a mia insaputa”… sta tornando di moda il grottesco!?
Ora che ci penso, devo tornà in Inghilterra!
P.S. Inchiostro simpatico? Io mi credevo che era empatico.
II P.S. Quanto so’ spiritoso!
Dimenticavo, per quanto riguarda i mariti non contate su di me perché c’ho da fa!
Anni fa…c’ho la bussola con l’intelletto nei Mari del Nord e l’anima nel Mar Mediterraneo.
Beh Scajola ci mancava, a me me pare d’esse nato nella repubblica dei bananari.
P.S. OLIVEEEEE, BRUSCOLINIIIIIIII, FUSAJEEEEEE, MOSTACCIOLI, LIQURIZIA…annamo ar cinema!!!
Me viè da ride, pensa te se nel 2012 il polo nord diventa quello del sud e viceversa, voglio proprio vedè come se mettono in padania; ho letto che per effetto della gravità che rimarrà tale tutti quelli che si ritroveranno a nord saranno risucchiati a sud.
P.S. Non so, è una sensazione strana quando vado a Nord non vorrei più tornare.
Ormai viaggerà tutto con mele certificate.
No, no, anche i fagioli, l’altro giorno in un supermercato leggevo l’etichetta di un barattolino con su scritto “Spedito dalla Cina, ma non saprete mai quello che vi mangiate”; ed io…”MA CHI VE SE COMPRA!”
P.S. Pensa nel tragitto quanto avranno inquinato quei fagioli.
Minestra? Allungo il piatto che per essere maggio a Roma fa freddino, sono sbocciate anche le rose ma la pioggia le sta massacrando.
P.S. Domani controllo i papaveri.
passo per un salutone e l’augurio di un felice e nonpolitical week-end.un baciotto e un abbraccio neutrale a presto!
Buona feta della mamma.
Ciao da Giuseppe.
Buongiorno giornetto….Cara….un bacio per una dolce giornata da Benkoo!
…occorre aiutare Alessia… cercherò una macchina del tempo…
…il tempo non è più come un tempo…