CHI DICE DONNA

CONFUSO e felice…

Commedia

atto unico

Succede che in un paese un Sindaco vieti minigonne e scollature per “ripristinare il decoro urbano…”

Il parroco spiega: “In questo modo si contrasta anche il dilagare delle molestie sessuali”

 

 

CONFUSO E FELICE…


Ripensava ai capelli rossi di Laura, alla schiumosità di quei riccioli che si schiudevano ribelli tra le dita.

L’avrebbe desiderata ora, in quel momento, mentre Stefania lo guardava intensamente negli occhi, versando un friulano chardonnay spumeggiante nel bicchiere mezzo vuoto.

Quella sera non aveva voglia di parlare di pittura vittoriana, ma Stefania era una donna così, amante di ogni forma d’arte, esperta restauratrice, capace di entusiasmarsi anche davanti al dito alzato di Cattelan, ed in grado di parlarne per ore con la finalità di svelarne il mistero artistico sottostante.

Ah! I capelli di Laura…, lei piccola distesa sul letto, con addosso solo le cuffiette per ascoltare la musica dei Muse…, miracolo della natura! Prodezza del creato!

Il vino cominciava a fare il suo effetto.

Stefania gli parlava e lui le guardava le labbra muoversi. Che belle labbra, belle più di quelle di Laura, sottili e piccole…

Poi, certo, anche Giovanna le aveva belle. A forma di cuore, come le dive anni ’50. Sì, in effetti aveva un che di retrò…

Giovanna era un’insegnante di filosofia in un liceo, il suo stile si adeguava alla serietà della scuola, una delle più facoltose nella città.

Era stata dura sedurla. Ore di appostamento al bar davanti al liceo, ma ne era valsa la pena. Con lei si sentiva forte, così sensibile lo apprezzava anche nelle sue debolezze. E fare all’amore, poi…

Con Giovanna riusciva a sentirsi un vero uomo e tanto era timida nella sua esteriorità nel ruolo di professoressa, tanto nella camera da letto si trasformava in una pantera assatanata di sesso. I più improbabili completini intimi li aveva visti addosso a Giovanna…, addirittura uno con una scritta oscena davanti, roba da ragazzine, non da quarantenni attempate. Ma tant’è, lei sapeva prenderlo in tutti i modi ed era generosa. Peccato per le sue forme un po’ troppo abbondanti, certe volte ne rimaneva soffocato.

Ma ora… quella sera aveva deciso la cosa più giusta: abbandonare le relazioni ormai sterili con le altre due donne, Giovanna e Laura, e affidarsi al destino domestico insieme a Stefania. Era una donna intelligente, bella, di classe e avrebbe fatto figura anche con la sua famiglia e gli amici. E poi mantenere tre relazioni contemporanee cominciava a diventare troppo impegnativo, psicologicamente e fisicamente. In fondo aveva compiuto quarantasei anni proprio quel giorno ed era arrivato il momento di mettere la testa a posto.

“Laura, dobbiamo finire la nostra storia”, aveva detto la sera prima a Laura, dopo averle regalato uno di quei peluche, che amava così tanto. Era andato a prenderla a casa e l’aveva portata in una zona buia della città, come faceva di solito da quasi due anni. Non voleva farsi vedere in giro insieme ad una ragazzina; anche il suo lavoro da avvocato ne poteva essere compromesso. L’aveva baciata a lungo e poi: “Sei troppo giovane per me, hai bisogno di fare le tue esperienze. Io ho quarant’anni e tu appena venti, potrei essere tuo padre…”.

Laura era rimasta un po’ sorpresa, poi gli aveva chiesto di riportarla a casa, in silenzio. Si aspettava una risposta un po’ più partecipata dal punto di vista emozionale, ma non dava segni di turbamento, e d’altra parte preferiva non indagare e fare domande introspettive. Le lacrime che le cadevano giù dal viso testimoniavano la sofferenza e non voleva infierire. Laura lo lasciò così, con un semplice ciao.

Laura entrò a casa e si buttò nel letto. Prese il cellulare.

“Claudio…, gliel’ho detto…sì, sì…l’ho lasciato… Poverino, ad un certo punto ho iniziato a piangere, mi faceva tenerezza…, a quarant’anni non hai mica tante speranze… Sissì, caro, non lo vedrò più…ti amo, voglio stare con te… Domani stiamo insieme tutto il giorno. Ti amo…sì…ti amo…bacibacibaci…”

Chiuse la telefonata e si mise a sorridere. Certe volte le coincidenze…

 

“A cosa stai pensando?”, le chiese improvvisamente Stefania.

Era una donna che maledettamente reggeva il vino.

“Pensavo che dopo cena possiamo andare a casa mia se ti va…”

“Ascolta, Giorgio, da quanto tempo siamo insieme? Sono quasi tre anni ormai…”

Giorgio non l’ascoltava, stava pensando a come aveva lasciato Giovanna.

Quel pomeriggio l’aveva accolto a casa, che indossava uno di quegli stupidi vestitini da cameriera, quelli con il fiocco sul sedere e corti, con le mutande di pizzo che lasciavano intravedere tutta la rotondità delle natiche, il bustino stretto da lacci con il seno in bella vista, aiutato da un elegante push up.

I capelli erano raccolti in una cuffietta bianca da cui spiccava la facciona ovale, truccata troppo pesantemente per i suoi gusti.

Gli aveva aperto la porta con in mano un vassoio con due bicchieri di champagne.

“Gradisca…”

Lui era entrato senza dire una parola ed aveva scostato con serietà il vassoio ed era andato a sedersi nel piccolo salotto. Aveva le cosciotte di Giovanna ad altezza del viso. Poteva assaporarne il profumo, l’odore intenso femmineo ma accantonò il pensiero anche se l’eccitazione cominciava a farsi sentire.

Giovanna, con aria preoccupata, si accovacciò ai suoi piedi.

“Cos’è successo?”

“Niente…, ti devo dire una cosa…”

“Non vuoi che prima…”

“No, non adesso… Ho bisogno di tempo. Devo andare via e prendermi una pausa… E’ meglio finire così il nostro rapporto. Hai sempre detto anche tu che volevi la libertà, che cercavi solo qualcuno che potesse soddisfarti. Ora voglio qualcos’altro…”, lo disse con tono serio.

“Va bene…, se è così…non preoccuparti, ti capisco… Vai via adesso però…preferisco stare da sola…”, gli rispose alzandosi e rifugiandosi in cucina.

Giovanna era sempre così comprensiva e filosofa!

Se n’era andato senza dire altro. Nel portone dell’androne si scontrò con un omaccione, grande e grosso.

 

L’omaccione salì e suonò il campanello.

“Gradisca…”. Una quarantenne vestita da cameriera gli aprì la porta. L’omaccione entrò nell’appartamento, prendendo dal vassoio il bicchiere di champagne…

“Era ora…”, gli disse sorridendo la bella cameriera.

 

Guardava ora Stefania, con il bicchiere in mano, che le ripeteva la domanda:

“Mi stai a sentire? Devo parlarti…” e mentre la guardava ripensava al momento in cui era entrato a casa di Giovanna e a come gli aveva aperto la porta, vestita in quel modo. Quel pomeriggio non ci aveva fatto caso ma ora… ripensandoci… lui non aveva avvisato Giovanna del suo arrivo!

Accantonò il pensiero, cercando di concentrarsi sulle parole di Stefania.

“Ascoltami, Giorgio, è importante quello che ti devo dire…”

“Anch’io ti devo dire una cosa…”

“Aspetta, la mia è più importante… ti devo confessare un segreto… Vedi, ho provato in questi anni, ho sempre accantonato i miei desideri, le mie passioni, ma ora… Ti ricordi quella pittrice che abbiamo incontrato a quella mostra a Milano, dove aveva esposto le sue opere in quella maniera stranissima…”

Certo che se la ricordava, vestita in latex nero da capo a piedi sembrava una pervertita stravagante più che un’artista… E tutte quelle piume attaccate ai suoi quadri… Che orrore! Sembravano piccioni morti…

“Sì…certo che me la ricordo… ci seguiva per tutta la mostra!”

“Be’… la amo…”

“La ami?”

“E’ la mia amante”

“Amante?”

“Siamo una coppia ormai… Abbiamo le stesse idee, passioni. Te lo dovevo dire, ma volevo dirtelo al momento giusto e in questo periodo sei distratto, vedo che ormai il nostro rapporto è in crisi… Ti devo dire addio…”

La guardò: Stefania lesbica? Possibile che non se ne fosse mai accorto?

Be’…aveva una voce profonda, e le posizioni… dominante sempre! Che scemo… Possibile?

E mentre pensava, Stefania si alzò e lo lasciò seduto da solo al tavolo, uscendo dal locale e dalla sua vita.

Si fece portare il conto.

Era confuso.

Dopo un po’ uscì dal ristorante. Cominciò a camminare per prendere una boccata d’aria fresca. Di lato lo superò con una falcata felina una ragazza dai capelli lunghi e biondi. Le calze a rete sbucavano da una corta pelliccetta, colorata di un bel rosa shocking… E mentre la vedeva camminare ondeggiante sui tacchi a spillo, decise di seguirla.

Era confuso e felice…

 

 

P.S. la foto è liberamente tratta dal web  e non ha alcuna attinenza con il racconto.

 

 

 

 

 

CONFUSO e felice…ultima modifica: 2010-10-22T19:53:00+02:00da
Reposta per primo quest’articolo