CHI DICE DONNA

IL COLLEZIONISTA DI FINALI & LA RIVOLUZIONE

Come andrà a finire? Ce lo domandiamo sempre… Qual è il fine della nostra vita?

Prender l’armi e combattere contro un mare di triboli, come ci annuncia Amleto o scegliere la nostra fine, il finale a noi più amato?

Chissà cosa avrà pensato il grande Monicelli negli ultimi attimi del finale prescelto e lui certamente ne aveva di voce in capitolo!

Ma poi sarà così importante scrivere la parola “fine” se tutto il resto non è degno di nota?

 

E di note ne devono ancora inserire la squadra di Wikileaks…, aspettiamo… alla parola fine la strada è ancora lunga…

(da L’espresso): “Il programma della nuova rivoluzione è semplice: “Li fottiamo tutti: renderemo il mondo trasparente, lo cambieremo”…,

“Abbiamo (documenti) su una mezza dozzina di ministeri stranieri, su decine di partiti politici e consolati, sulla Banca Mondiale, sulle sezioni delle Nazioni Unite … Non siamo riusciti ancora a leggere neppure un decimo dei file che abbiamo. Abbiamo smesso di immagazzinarli quando siamo arrivati a un terabyte (mille miliardi di byte, ndr.)”.

 

 

 

IL COLLEZIONISTA DI FINALI

 

(per leggere dall’inizio…)

 

Ho conosciuto così Arturo. Frequentavo Marta già da qualche mese, perciò non mi stupì l’invito di andare a pranzo a casa di sua zia.

“Povera zia, anzi povero Arturo…, da quando è morto mio zio sono sempre soli. E poi mia zia ha detto che sta sperimentando un menù sardo, è la settimana della Sardegna, perciò penso che si mangerà bene!”

Acconsentii senza pensarci, per mangiare si accetta di tutto ed io in quel periodo ero perennemente a dieta per via di una mancanza altrettanto perenne di vitalità economica.

La piccola Marta mi aveva taciuto delle sperimentazioni maldestre della zelante zietta, ma come darle torto e accusarla di questa piccola mancanza quando io stavo già assaporando la sua dolce bocca e provavo un altro tipo di sperimentazione, con evoluzioni sul letto che avrebbero fatto impallidire l’autore del kamasutra?

Quando arrivò il giorno, una domenica di novembre, cominciò subito male, a causa di una cattiva digestione: la pizza fredda della mattina mi era rimasta sullo stomaco, ma non potevo deludere Marta e i suoi parenti, sottraendomi all’appuntamento con quello che poteva sembrare solo un banale pretesto. Suonò il campanello del mio piccolo caldo appartamento.

“Sei pronto?”

Marta entrò con quell’affare in testa, una piccola berretta sarda.

“Tieni, indossalo” e senza guardarmi mi cacciò in mano quel cappello strano da puffo.

“Non ti sei ancora vestito? Sei il solito, ti chiedo un piacere e tu non me lo fai…”

Già adocchiavo le sue lunghe gambe velate di nero. Il nero le si addiceva, con i corti capelli biondi ossigenati, le donavano un feroce contrasto in bianco e nero, però i dolori allo stomaco, nemmeno davanti a quella bellezza surreale, ora tangibile a qualche centimetro di distanza, riuscivano a distogliermi da quei crampi intensi all’altezza dello sterno. La guardai, supplicando pietà.

“Sto male; non chiedermi perché…, i rimasugli della pizza sul tavolo in cucina ti spiegano tutto”

“Il solito sciocco! Vorrà dire che a pranzo mangerai di meno, così non mi farai fare le solite brutte figure, ingozzando tutto il mangiabile”

Sorvolo sulle imprecazioni interiori che rifilai alla bella dark woman. Mi vestii con il mio solito abito per le feste, un paio di jeans firmati e una camicia bianca immacolata; i due euro per il lavaggio e la stiratura li regalavo ogni settimana per mantenere il decoro ma il risultato ne valeva la pena.

“Sei bello”, la bionda tentatrice si era avvicinata maldestramente e mi toccava nelle mie parti più delicate, tentando un approccio consolatorio, ma mi rifiutavo di soddisfarla così su due piedi, odiavo sentirmi un uomo oggetto, del tipo usa e getta in cinque minuti: mica solo le donne hanno bisogno di riti preparatori e di macchinosi preliminari! Anche noi uomini abbiamo una nostra dignità e il nostro basso ufficiale non sempre si allinea sull’attenti davanti al generale!

Con non chalance la rifiutai, e lei anziché persistere nella sua azione intimi-datoria mi lasciò così con un “Sbrigati!” e se ne andò in bagno a riassestare quel poco di palpabile che ero riuscito a toccarle.

Mi guardai allo specchio e mi trovai affascinante come sempre: nessuna donna poteva resistermi!

Be’… non tutte. La piccola Marta non era per me solo un brutto affare di sesso. Mi ero innamorato di lei, quel piccolo affarino biondo era un concentrato di intelligenza, un ingegnere apprezzabile, una donna su cui potevo contare nei momenti bui della mia vita; le avevo lanciato apertamente segnali per una condivisione dell’appartamento, ma come darle torto davanti al degrado costante che aleggiava nel mio nido? Di certo non aveva nessuna voglia di accasarsi con un tipo degenere come me, affascinante ma degenere.

Quando uscì dal bagno, così bella e intelligente, capii che per lei avrei fatto di tutto e sarei andato felice al pranzo della zia, pur di godere della sua compagnia.

Abitavo a Padova e per andarci prendemmo la sua macchina: come al solito non avevo ancora pagato l’assicurazione della mia piccola Panda.

La casa di Arturo si trovava a Piove di Sacco, a una ventina di chilometri da Padova. Piove di Sacco è uno dei più importanti comuni della Saccisica e Arturo abitava proprio su una piccola casetta vicino alla Pieve di San Martino, patrono della cittadina che aveva dato i natali a poeti importanti come Diego Valeri.

Dopo neanche venti minuti arrivammo davanti alla loro casa. La signora che aprì la porta lanciò un urletto alla nostra vista.

“Martaaaaaaaaaa, che bella che sei diventata! E questo signore?”

Ignorai volutamente il termine signore, perché la piccola donna paffutella bionda che abbracciava Marta come se fosse stata una rediviva dall’oltretomba si rivelò poi essere la mamma di Arturo.

Era una grande casa luminosa. L’entrata ampia, a piano terra, sbucava in un salone, arredato con gusto, arricchito da innumerevoli piante da appartamento, e dal corridoio potevi accedere su una cucina, da cui uscivano profumi sconosciuti. Per un attimo i crampi allo stomaco sembrarono sedarsi.

Marta come sempre sapeva destreggiarsi in qualsiasi situazione e lì con la zia si trovava a proprio agio, raccontando dei suoi ultimi esami universitari. Bighellonando per la stanza, mi avvicinai con curiosità alla grande biblioteca racchiusa da vetri di cristallo, provai ad aprire ma una piccola serratura li bloccava.

“Dopo pranzo te ne mostro alcuni…, adesso mamma ci farà mangiare e non abbiamo molto tempo”

Mi girai e vidi quegli strani occhi, un po’ minacciosi, che si allargarono in un sorriso d’accoglienza e di presentazioni. “Sono Arturo, cugino di Marta”

Fu così che conobbi Arturo.

(CONTINUA)

 

P.S. le foto sono tratte dal web e non hanno alcuna attinenza con il racconto.

 

IL COLLEZIONISTA DI FINALI & LA RIVOLUZIONEultima modifica: 2010-12-08T11:00:00+01:00da
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