CHI DICE DONNA

BUON 2011!

Stanotte c’è chi si abbufferà nel tipicissimo Cenone.

C’è chi si ubriacherà per brindare all’anno passato e pigliarsi felice il primo dell’anno.

C’è chi resterà in famiglia con i propri cari, sbuffando per i “botti” rumorosi, e sbadigliando per la noia, perché “i propri cari” sono sempre a portata di mano, e si dice, almeno una volta all’anno bisognerebbe lasciarli perdere…

C’è chi lavorerà, maledicendo tutti quelli che stanno festeggiando.

C’è chi festeggerà, ma le scarpe nuove gli faranno così male che riuscirà a malapena a sorridere per il brindisi…

C’è chi desidererà di essere da un’altra parte, adducendo il motivo che il primo dell’anno è un giorno come gli altri, solo una convenzione consumistica che riduce le persone simili a “zombie con i brillantini” ma al momento di dormire giurerà a se stesso che l’anno successivo prenoterà una festa insieme agli amici almeno due mesi prima…

 

Comunque sia la vostra scelta, auguro a tutti,

visto che mezzanotte è passata…

 

… UN FELICISSIMO 2011!!

 

 

 

e per iniziare

proseguo con il mio racconto, che dal titolo ben si accorda con la serata… ;))

 

 

IL COLLEZIONISTA DI FINALI


(per leggere il racconto dall’inizio, seguire i post )

Il maialino fece il suo fastoso ingresso in tavola e non aveva certamente un bell’aspetto, nonostante fosse amabilmente sdraiato su un letto di insalata.

Il ramoscello in bocca non lo aiutava ad esprimere una felice espressione e quello non era certo un ramoscello d’ulivo, né il porceddu in quel momento poteva competere con la colomba della pace, anzi, sembrava recare una dichiarazione di guerra.

Io, Arturo e Marta sorridemmo felici, perché condividevamo lo stesso sgomento nei confronti della povera creatura, ridotta ormai ad un ammasso di carne rinsecchita.

Anche questa volta benedissi la Sardegna gustando un Carignano del Sulcis, che ci fece la grazia di immergerci in un mondo sconosciuto di note fruttate e di sapori esaltati. La zietta era un continuo errore culinario, ma quanto a vini era senz’altro un’intenditrice.

– Zia, ma quanto ci vuoi far mangiare? Siamo in quattro, mica un esercito!

– Hai ragione Marta, avevo ordinato in macelleria un maialino da latte ma non pensavo fosse così grosso. L’ho cucinato in forno come nella ricetta, ma non sono riuscita ad infilzarlo con lo spiedo. Ah, in questi momenti mi manca tanto tuo padre!

Arturo guardava rassegnato la povera bestiolina e d’altra parte il maiale è un piatto a cui si rinuncia solo in punto di morte, perciò lo mangiammo senza ulteriori proteste.

La mamma di Arturo, tuttavia, a metà pasto guardò preoccupata l’orologio e si alzò in piedi gridando: “Beatiful!” e ci lasciò, scusandosi per la maleducazione, con il maialino ancora mezzo intero. Arturo ci spiegò che la serie televisiva era un appuntamento cui la signora Lia non poteva mancare: pareva si trattasse di una puntatona speciale della domenica e quindi imperdibile.

– Mamma ormai è così, persa nel suo mondo, da quando mio padre è morto.

– Quando è successo? – chiesi per cortesia.

– Ormai è un anno.

Chissà perché, pensavo felice quel pover’uomo che era riuscito a sottrarsi alla settimana di ricette culinarie dedicate alla Sardegna.

Arturo intanto dalla cucina tornò con in mano una bottiglia di mirto che appoggiò sul basso tavolino.

– Almeno finiamo in bellezza. Non capisco come mia mamma possa cucinare così male dopo tanti anni di esperimenti.

Finimmo il pranzo con un bel bicchierino di mirto che ci fece digerire e desiderare di essere in altri posti. Sognavo già il mio letto, accoccolato con Marta.

Marta invece mi spiegò: – Suo padre un giorno è uscito a pescare e non è più tornato. Non hanno nemmeno trovato il corpo. Lì vicino alla macchina, nel canale dove andava a pescare hanno recuperato la sua canna da pesca, i suoi attrezzi. Hanno pensato ad un malore…

Arturo si era alzato e si dirigeva verso la biblioteca. Tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e aprì la serratura che bloccava le ante di vetro che proteggevano i libri.

Prese un libro e ci disse: – Venite, ci sediamo qui sulle poltrone. Lasciamo la tavola così, poi mia madre penserà a sparecchiare. Prima hai parlato dell’inganno dello scrittore. È vero, chi scrive sempre inganna eppure c’è un momento in cui lo scrittore non può fuggire alla Verità. Un momento in cui svela la sua concezione della vita, la sua visione del mondo al lettore. Perché la confessione in punto di morte? Perché il condannato sa che oltre non potrà nascondersi, dovrà svelarsi, necessariamente, per non tradire sé stesso. Al termine della sua narrazione, dovrà rivelare, anticipare il seguito della storia, che non è mai particolare, ma universale. Il protagonista non è più il protagonista del romanzo ma diventa il Protagonista, e vivrà di vita propria. Pensiamo alla soap opera che sta guardando mia madre. Lì i personaggi muoiono, resuscitano, si sposano, si separano, si risposano, senza che ci sia un ordine logico da rispettare. Perché qualcuno si chiede, funzionano? Non è assurdo questo?

Marta lo guardava, ma la sua mente logico-matematica male si adeguava a questi voli pindarici.

Arturo proseguì: – Non è assurdo perché chi guarda viene catapultato in un mondo diverso, dove le regole della logica non esistono. Sappiamo che sono “finzioni” e che possiamo chiudere la televisione e queste faranno parte di altri mondi, che non ci riguardano.

Ieri sera ho guardato un documentario sulla realtà del turismo sessuale nel sud est asiatico. C’era una ragazza che raccontava di come ad appena tredici anni era stata avviata alla prostituzione nell’area di Pattaya, una città thailandese di circa un milione e mezzo di abitanti, dove il turismo è fondato sulla vendita di bambine e bambini, della loro verginità, addirittura della loro vita. Ad un certo punto volevo cambiare canale, allontanare da me quel dolore e bruttura. Se fossero state narrate, in maniera romanzata, le avrei accettate, le avrei lette, compiaciuto della bellezza del libro che mi aveva fatto conoscere aspetti della vita a me estranei. Poi sarei arrivato al finale del racconto.

La protagonista, quella che narrava delle violenze che aveva subìto, cosa avrebbe fatto?

Lo scrittore avrebbe potuto farla morire di aids, come succede nella realtà.

Oppure avrebbe potuto farla diventare l’eroina di qualche associazione umanitaria per il riconoscimento dei diritti umani.

Oppure avrebbe potuto farle trovare l’amore con uno dei suoi stupratori, che magari le avrebbe offerto una vita felice portandola via da quel paese.

Poi avrei chiuso il libro, me ne sarei dimenticato, sarebbe stato qualcosa che non aveva valore di denuncia. Però il finale avrebbe rivelato qual è il modo di concepire la vita di quello scrittore… – così disse Arturo, sicuro di avermi convinto.

Lo guardai intensamente. Di certo, sui finali, non avevo la stessa opinione…

(CONTINUA)

 

P.S. le foto sono liberamente tratte dal web e non hanno alcuna attinenza col  racconto

 

 

 

BUON 2011!ultima modifica: 2011-01-01T00:00:00+01:00da
Reposta per primo quest’articolo