CHI DICE DONNA

Buona Pasqua

Così da Natale a Pasqua…

Sono successe tante cose, il tempo è scarso. Ieri passeggiavo sotto i portici. Una coppia davanti a me si ferma davanti la targa dedicata a Eleonora Duse. Con la nostra Associazione Toponomastica Femminile siamo riuscite a ottenere un bel successo: finalmente a Chioggia c’è una targa nella calle dove Eleonora Duse trascorse alcuni momenti della sua infanzia a casa della zia. Eleonora Duse nacque a Vigevano per caso, perché i suoi genitori erano teatranti che portavano in giro, di città in città, le proprie opere. Luigi Duse, chioggiotto, il nonno di Eleonora, fu il fondatore del teatro “Duse”, poi “Garibaldi”, situato nel cuore di Padova.

Eleonora Duse fu la prima capocomica che, da vera imprenditrice, pagò gli attori della sua compagnia con una paga mensile. Era una donna forte, capace di avventurarsi in grandi imprese, compresa quella di finanziare le opere di D’Annunzio.

Tanti descrivono Eleonora Duse come una donna piccola, non bella.

Io, guardando le foto che la ritraggono, la vedo bellissima… non trovate anche voi?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continuo a scrivere il mio racconto “Il bacio della pantera”

IL BACIO DELLA PANTERA

 

Eilen si svegliò con un calcio sui fianchi e una spada puntata all’altezza degli occhi. Li spalancò per vedere meglio e mettere tutto a fuoco l’immagine. Sopra di lei c’era un ragazzo alto e biondo, dagli occhi grigio azzurri, che la stava guardando con furore. Cercò di non perdere la lucidità e di cogliere i particolari. Appoggiò istintivamente una mano a proteggersi il fianco colpito. Attorno regnava uno strano silenzio.

Dov’erano finiti Magda e Milko e perché non venivano ad aiutarla?

–          Cos’hai fatto? Sei stata tu a ucciderli?

Quello le stava gridando addosso, con rabbia. Con un gesto fulmineo il ragazzo ripose la spada nel fodero e si accovacciò per prenderle i capelli. Come una furia la trascinò per i capelli nell’altra stanza. Il dolore era insopportabile e con la sua forza d’animo cercò di mettersi in piedi, cercando di afferrare qualcosa per trattenere la presa e fare resistenza.  Provò a difendersi.

–          Fermati!, non ho fatto nulla. Non so di cosa parli…. Magda e Milko ti spiegheranno tutto.

Il ragazzo non l’ascoltò e le diede uno schiaffo forte sul viso, tanto da ribaltarla per terra. Solo allora Eilen si accorse.

Il sole appena nato della mattina illuminava la stanza ancora buia, ma si poteva comunque scorgere le profonde macchie di sangue in tutta la stanza. Tutto, la scarsa mobilia, le pareti erano tappezzate di sangue.

–          Magda? Milko? Milko ha cercato di difendersi e di difendere sua moglie.

Sembrava disperato, vagava nella stanza come un matto, alla ricerca di qualcosa di significativo.

–          Noooo… non posso crederci. Eilen, dalla bocca le uscì un grido spezzato.

Distesa per terra con gli occhi pieni di lacrime si mise a piangere come una bambina.

In quel posto si era consumato qualcosa di terribile e lei non si era accorta di nulla, possibile? Aveva dormito così profondamente da non sentire che nella stanza vicina stava avvenendo una tragedia? Non si dava pace, dondolava con il corpo e ripeteva: – Non sono stata io, non capisco. Sono arrivata ieri notte, li conoscevo appena. Sono stati gentili con me, mi hanno dato da mangiare e l’ospitalità per trascorrere la notte al riparo, ma non sono stata io. Vorrei sapere quello che è accaduto stanotte, ma io non ricordo nulla. Mi sono addormentata dopo il saluto di Magda che aveva cercato di rassicurarmi.

Yoric la guardò e capì che la ragazza stava dicendo il vero. E poi, poi vedendola bene in viso la riconobbe.

–          Eilen… sei tu? Le disse titubante e come se si fosse risvegliato da un brutto sogno.

Eilen lo guardò meglio. Sì, quel ragazzo assomigliava a…

–          Yoric! E gli si buttò tra le braccia come se quel riconoscimento li riconciliasse, riportandoli alla realtà.

Yoric, dopo l’abbraccio istintivo, l’allontanò sgarbatamente.

–          Che ci fai qui? Sei venuta a vedere come stanno quei derelitti che sono stati cacciati da tuo padre?

Le disse queste parole con cattiva ironia, quasi dimenticando la tragedia che avevano di fronte.

–          Yoric! Come puoi dire questo? Ti ho sempre voluto bene… Non ho mai saputo il motivo per cui mio padre vi cacciò dal villaggio. Sono qua perché ci sono continue sparizioni di bambini e la gente vive nella paura che i propri figli scompaiano improvvisamente senza fare ritorno, né vivi né morti…

–          Ma non capisci quanto sia strana la tua presenza e l’uccisione così violenta di Magda e Milko; tu non li hai mai conosciuti e non puoi sapere quanto fossero persone eccezionali e buone! Mi viene il sospetto che tu sia stata mandata da tuo padre per ucciderci…

–          Yoric! Non potrei mai! Ti sembro capace di commettere un’azione così crudele? Non potrei nemmeno avere la forza per farlo. Questa è opera di qualche belva. Magda ieri sera mi parlava dell’esistenza di un villaggio abitato da pantere. Solo un animale è capace di fare una simile carneficina!

Dei corpi non c’era alcuna traccia, ma solo sangue dappertutto. Provarono a seguire le macchie di sangue, ma andarono presto a perdersi in mezzo alla macchia selvaggia della vegetazione.

Uscirono dalla capanna e solo allora Eilen realizzò che presto suo padre avrebbe scoperto la sua sparizione e sicuramente sarebbe giunto nella foresta a cercarla.

Quello che però stupì Eilen era quella sensazione di amicizia forte, come se lei e Yoric non si fossero mai lasciati, come se si conoscessero da sempre, come se… Pensava alla sensazione di calore e di protezione che Yoric le aveva trasmesso con il suo abbraccio, seppur freddo per il momento disperato in cui si trovavano.

Accantonò il pensiero, chissà suo padre!

Difatti la mattina Avedon si era accorto che sua figlia non era nel suo giaciglio. Era andato alla capanna della sua amica Vania, che le aveva raccontato singhiozzando della sua decisione di partire alla ricerca di quel mostro che toglieva il sonno alla gente del villaggio.

–          Ho provato a convincerla, ma non mi ascoltava, lo sa com’è fatta Eilen!

Sì, Avedon conosceva bene la testardaggine di sua figlia e decise di convocare una sua delegazione di fedeli per andare nella foresta a riprenderla. Già temeva il peggio, pensando di averla persa per sempre, come sua madre. Anche sua madre, dopo il parto, come una bestia selvatica si era rifugiata nella foresta. Non aveva voluto che lui la seguisse, ma che rimanesse insieme a sua figlia.

Non aveva mai rivelato a nessuno che sì, l’aveva ascoltata, ma poi il suo amore verso quella donna era così forte che aveva comunque deciso di seguirla. Si era tenuto a debita distanza, portando la bimba sul marsupio che aveva creato al momento con il suo mantello. Dove stava andando sua moglie? E poi aveva visto la trasformazione. Qualcosa di impressionante e insieme magnetico. Non riusciva a staccare gli occhi dalla sua donna che piano cominciava a perdere le vesti. Le lunghe gambe nude si inarcavano e diventavano gambe feline, i capelli biondi s’imbrunivano fino a ricoprire il corpo della donna: era diventata un’enorme pantera nera. E piano sparì ai suoi occhi. Provò ad aumentare la corsa per raggiungerla ma la belva si era già inoltrata nella foresta nera. Si ritrovò nel mezzo della selva umida e scura e fu, in quel momento preso dalla disperazione, dalla consapevolezza di averla persa per sempre, perché lei era un mostro, e doveva starci lontano per preservare sua figlia, che la bambina emise un flebile vagito, che poi si fece via via più forte. La bambina aveva fame, aveva voglia di latte, esigeva sua madre! Decise che doveva trovare Azzurra, doveva rivederla un’ultima volta, anche se fosse diventata la belva più mostruosa, avrebbe sentito l’istinto di conservazione di sua figlia e l’avrebbe allattata… ne era sicuro. Cominciò a correre più forte, chiamò Azzurra a voce alta, gridando. Si fermò per prendere respiro, e sentì un rumore. Era lei, Azzurra, che lo guardava, a una certa distanza. Gli occhi luminosi, acquosi sembravano piangere, lo supplicavano.

–          Vattene! Non vedi che sto diventando una bestia! Il mio istinto mi dice che devo azzannarvi… Vattene! Ti prego, con la tua carne potrei rinvigorirmi e ammazzare altre persone. Ma io non sono un mostro! Vi amo… Ti amo Avedon… ti amo…

E così dicendo, prese un ramo e prima che Avedon potesse reagire, se lo conficcò sul cuore.

– Noooooo….

Avedon le si avventò addosso per bloccarla ma ormai lei si stava accasciando per il colpo mortale, mentre la trasformazione continuava repentina. In quel momento sentì delle voci e rumori farsi vicini. Non c’era più niente da fare. Diede l’ultimo bacio alla sua donna, promettendole amore eterno. E fuggì, insieme a sua figlia. Rientrò al villaggio, sperando che qualche donna riuscisse a darle il latte. Fortunatamente qualche giorno prima era nata Vania, un’altra bimba, e la madre aveva latte a sufficienza per entrambe. L’aveva così allattata come fosse sua figlia e le due bambine erano cresciute insieme come sorelle. Più volte Avedon aveva cercato qualche stranezza nella figlia. Era uguale alla madre, ma pensava che la mescolanza con il suo sangue l’avesse preservata: sua figlia non poteva essere un mostro!

E ora, tutto succedeva come quel giorno. Non voleva perderla come sua madre, questa volta sarebbe morto anche lui.

Era riuscito a raccogliere un po’ di uomini, in tutto una decina di cui poteva pienamente fidarsi.

Partiti all’alba, passando attraverso la foresta, erano arrivati alla capanna dove stavano Yoric e Eileen. Quando Avedon li vide, così abbracciati, cominciò a urlare contro Yoric.

–          Lascia mia figlia o ti ammazzo!

–          Padre!

 

(CONTINUA)

 

 

 

Buona Pasquaultima modifica: 2016-03-27T22:01:20+02:00da
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