La Chirurgia del cuore rappresenta per me un passaggio poetico fondamentale. Chi ha paura di raggiungere se stessi fino nelle più strette e anguste vie dell’animo? Ognuno dovrebbe essere libero di scandagliare il fondo del proprio intimo e dei propri sentimenti senza il timore di essere giudicati. Ognuno fa i conti con se stesso. Ed io ne prendo atto.
L’anestetico
entra piano
e fluido nelle vene:
si rimane immobile
contro il tempo,
senza volontà
a bere l’attesa
della tua assenza.
Movimenti degli arti
impercettibili
ti fanno sentire viva.
Senti come,
senza certezza ormai,
anche a distanza
il nostro amore
avesse un senso,
forse qualche frenata,
nessun confine,
e come i tuoi baci
e gli abbracci
scivolassero piano
tra ferite e
l’incredibile felicità.
Ora l’anestetico
perde efficacia
lascia stordimento,
nessun rimpianto,
rimangono le ferite,
nessuna felicità,
latte da bere per consolazione,
carezze di altri,
abbracci pieni di pudore:
comunione di dolore.
In altre parole, il vuoto.
© di Giulia Penzo
P.S. disegno di Sergio Zaniboni, Diabolik & Eva Kant