CHI DICE DONNA

SE IL MIO UOMO CONOSCESSE ROLAND BARTHES

Può l’amore salvare il mondo? Naturalmente no, perché anche gli strnz si innamorano, però il cambiamento è sempre un atto d’amore…

Inserisco il primo atto di un mio racconto che parla d’amore e di cambiamento:

 

Giulia Penzo

 

Se il mio uomo conoscesse Roland Barthes

Se il mio uomo 

conoscesse Roland Barthes

basterebbe un abbraccio

per sentirmi

libera.

  

Se il mio uomo

conoscesse Roland Barthes

basterebbe uno sguardo

a colmare

il desiderio.

 

 

Se il mio uomo

conoscesse Roland Barthes

basterebbe un bacio

per slegarmi

dal dubbio.

 

 

Se il mio uomo

conoscesse Roland Barthes

basterebbe il vento

per raggirare

l’attesa.

 

 

Se il mio uomo

conoscesse Roland Barthes

basterebbe una parola

per capire

tutto.

 

 

Se il mio uomo

mi conoscesse.

 

 

 

  Giovanna si sentiva completamente svuotata e si buttò sul letto per assaporare quei pochi attimi di libertà prima di iniziare nuovamente il tram tram quotidiano di annientamento. Sua sorella Giulia era arrivata anche quella sera con il figlio di due anni a casa dei genitori e il piccolo Andrea già bussava alla porta della sua cameretta con le piccole manine paffute. Suo nipote era un piccolo gnomo pensante, e non voleva fargli del male. Si tirò su dal letto a malincuore ma lo sguardo d’amore di Andrea le bastò per ricompensarla della fatica; lo issò tra le braccia per guardarlo alla sua stessa altezza. “Ana…, buba…”. Andrea le mostrava un piccolo graffio sull’occhio. Odiava sua sorella che faceva soffrire inutilmente quel bambino. Cominciò a baciarlo tutto fino a fargli il solletico e lui si dimenava allegro sul letto, dove insieme vi si erano tuffati, mentre Giovanna gli faceva le facce strane e sbaciucchiava con amore il piccolo corpicino che fremeva dal piacere. Un giorno anche Giovanna sapeva che avrebbe avuto un figlio. Lo voleva con tutte le sue forze, perché un figlio ti consolida nella tua esistenza, è il ponte verso l’infinito, la consapevolezza di esistere per sempre e che rimarrà per sempre qualcosa di te. Ma non avrebbe chiesto nulla ai suoi figli, li avrebbe lasciati liberi. Strinse forte i pugni, e le unghie si conficcavano sulla carne, con dolore. Giovanna amava il dolore.

Andrea era stanco e Giovanna lo raccolse accanto a sé, finché il sonno calò sui grandi occhi del bimbo. Giovanna volentieri sarebbe rimasta con il nipote a dormire, ma aveva ancora da scrivere la programmazione dell’anno scolastico. Lavorava come educatrice di asilo nido e doveva scrivere insieme alla collega il programma didattico per l’intero anno. E poi c’era Giorgio. Un appuntamento fisso ormai ogni sera. Aveva conosciuto Giorgio attraverso il blog: qualche frase di conoscenza, il passaggio su facebook, e il colloquio infinito su chat.

In poche parole aveva detto a lui di tutto: avevano flirtato ingenuamente, raccontando in maniera spudorata il proprio corpo e i propri desideri.

Lui voleva incontrarla.

Ma lei come avrebbe potuto?

Era un inganno vivente la sua esistenza.

Anzi si era impadronita di un’altra esistenza: “Amore, se tu potessi capire!”

Accese il pc ed entrò subito in chat; lui l’aspettava.

G ciao, come va?

G è successo ancora.

G ti ha picchiato?

G no, ma sono a casa di mia madre, me ne sono andata di casa con Andrea.

G e adesso, come stai? Dove sei?

G sono ritornata di nuovo a casa mia. E’ lui che adesso è uscito.

G amore, ti voglio vedere, ti devo incontrare…se posso aiutarti in qualche modo così mi è impossibile.

G non puoi aiutarmi, lo sai…

G va bene, ma ti voglio incontrare lo stesso, lo sai che così non possiamo continuare.

Giovanna troncò la chat. Chiuse di colpo. Non andava bene così? Perché farsi del male? Giorgio voleva incontrarla.

In quel momento entrò anche sua sorella: “Vado a casa, Mario mi viene a prendere”.

Sei sicura? Non sarebbe meglio per te fermarti qui?”, le disse Giovanna, preoccupata.

No, lo sai che dopo si incazzerebbe ancora di più”, le rispose sua sorella, che intanto sollevava dolcemente tra le sue braccia il bambino, che ignaro continuava a dormire.

Ma tu hai bisogno della tua libertà, non puoi continuare così…”, Giovanna aveva visto le occhiaie da notti insonni nel viso di sua sorella. Giulia era bellissima. Una donna che poteva avere chiunque, al minimo gesto gli uomini le sarebbero caduti ai suoi piedi, e lei aveva scelto quello sbagliato, quello che la tradiva, quello che la picchiava se avesse osato ribellarsi, che la sviliva dinnanzi agli altri. Sua sorella li cercava proprio, quelli pazzi. Se ne andò, accompagnata dalla madre, fin giù sul portone. Giovanna si accostò alla finestra e vide la sorella salire veloce sulla macchina del cognato.

Lei si sentiva impotente. Ora sua madre sicuramente l’avrebbe cercata per rasserenarsi un po’.

Meno male che ci sei tu, con noi, altrimenti io e tuo padre non sapremo cosa fare” le avrebbe detto ancora una volta sua madre. E a lei chi pensava? Lei ad ascoltare, ad aiutare, a soffrire per gli altri, ma quando qualcuno l’avrebbe ascoltata?

Giovanna si guardò allo specchio. Sapeva di essere bella. La mano le scivolava veloce verso l’altezza del piccolo monte che delimitava la sua intimità, soffice come velluto. Si prese tra le mani le ciocche bionde dei capelli: voleva ora essere vista ora da lui, avrebbe voluto solo lui ora. Le arrivò un sms: buonanotte amore mio. Si buttò nel letto e finse che lui fosse lì.

 

Giorgio guardò l’orologio: era quasi la mezzanotte e G. non le aveva mandato nessun sms in risposta alla buonanotte. Quella donna lo faceva impazzire e lui non era mica un ragazzino, anzi era un uomo di 40 anni, separato e con figli. Un amico lo aveva fatto iscrivere a face book. “Conoscerai tante donne, dammi retta, altro che uscite a faticare, aspetta e vedrai…” gli aveva detto l’amico. Ed in effetti, dopo qualche battuta simpatica era facile passare ad un discorso più intimo e magari chiedere un appuntamento.

Ma con G. era stato lui a fare il primo passo: aveva visto la sua foto su Facebook. Erano tratti appena accennati, la foto era sbiadita, non si capiva nemmeno l’età, ma il mistero che ne emanava lo incuriosiva, e poi ne conosceva il blog. Anche lui ne aveva uno dove inseriva le sue poesie e le sue riflessioni sul mondo: una specie di diario che teneva costantemente aggiornato e con il quale aveva conosciuto molte persone, uomini e donne con cui intratteneva discorsi virtuali e da cui riceveva incoraggiamenti nei momenti bui e tristi della sua vita. Durante il periodo di separazione dalla moglie molti erano riusciti ad incoraggiarlo e a tirargli su il morale. Forse anche la sua dispersione nel blog, nel mondo virtuale, lo aveva allontanato dai problemi reali, non accorgendosi che la moglie pian piano se ne stava andando, via da lui. Vent’anni di vita insieme, dispersi in un vortice di impegni continui e di abitudini che ora pesavano alla moglie, che avrebbe voluto ancora passione, amore da parte sua. Era lui ad essere profondamente cambiato: dialogare con la moglie era qualcosa di scontato,come chiedere risposte alla propria coscienza. La conosceva così bene che non le poneva più domande e anche l’amore era scontato, nella sessualità quotidiana la ricercava come per soddisfare un qualcosa di naturale, vilmente erotico. Sua moglie meritava di più. Ma era lui che non gli poteva dare di più. I figli rinnovavano spasmodicamente la loro esistenza, ma acuivano nella loro richiesta giovanile la distanza dialettica tra di loro. La distanza allo specchio dei figli raddoppiava, si sdoppiava. E lui come un gatto randagio si rifugiava in un mondo virtuale, dove ancora aveva significato, dove la sua identità si confondeva ed emergeva nella sua essenza.

La moglie lo aveva compreso o, semplicemente, essendo una donna intelligente, lo aveva lasciato andare per prendersi anche lei le proprie emozioni e passioni. Era stata dura, comunque la separazione aveva portato a conflitti, con colpevolizzazioni reciproche di responsabilità nel fallimento della loro vita di coppia e per spartizioni materiali del patrimonio comune. Che tristezza! Vivere insieme, baciarsi, entrare ognuno dentro l’altro e poi, miseramente, incappare nell’inutilità della suddivisione economica di beni. Lui le avrebbe dato comunque tutto, ma lei lo rivendicava, e allora meschinamente, si impuntava anche lui su sciocchezze. Ora se ne stavano lontani, per evitare ulteriori sofferenze e litigi e vivevano ciascuno per conto proprio.

In quel momento, tra i suoi pensieri, entrò Giovanna e come al solito la percepì fisicamente accanto a lui. Lei si posava sopra di lui, la sentiva muoversi leggera, una danza colorata.

Si scosse da quel torpore, non la voleva così e cercò di distogliere il pensiero; il suo sguardo si posò distrattamente sul calendario. Mancava ancora qualche giorno e poi sarebbe andato in ferie. Guardò il pc e prese una decisione. Avrebbe iniziato il viaggio. Una tappa ogni giorno per conoscere i suoi compagni virtuali. E avrebbe conosciuto anche lei, Giovanna. Anzi, Giovanna ne sarebbe stata l’ultima tappa.

Prese questa decisione, si alzò, si sedette davanti al pc e cominciò a scrivere ai vari contatti del suo blog.

                                                                                                             continua

 

P.S. le foto sono liberamente tratte da internet e non hanno alcuna attinenza con il racconto

 

 

 

SE IL MIO UOMO CONOSCESSE ROLAND BARTHESultima modifica: 2009-07-12T15:14:00+02:00da
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