CHI DICE DONNA

IL RICONOSCIMENTO

Adamo ed Eva – Tamara de Lempicka, 1932

Per una lettura completa si consiglia di leggere i 2 post precedenti. Ma se non vi importa…

IL RICONOSCIMENTO: LA SERA PRIMA DELLA LETTERA

La sera prima aveva passato una notte insonne per colpa sua, per colpa di quest’uomo inetto, ma lo faceva con uno strano senso di vittoria e di tristezza insieme, come se facesse parte di un sentiero già battuto.

Sì, era sempre stata innamorata di lui, lo era ancora. Era innamorata del modo in cui la guardava, di quel sorriso di superiorità ironica che accompagnava ogni suo gesto, come se tutto gli fosse dovuto.

Anche quella sera era andata così. Tra loro era bastato uno sguardo ed egli sapeva che anche stavolta lei lo avrebbe seguito.

Anna si era fatta particolarmente bella e alla festa, aveva catalizzato su di sé l’attenzione maschile, come sempre, del resto. Era consapevole della propria sensualità e, apposta, si era fatta trovare circondata da un gruppo di uomini, in quell’atteggiamento spavaldo e provocante che attrae e impaurisce contemporaneamente.

Alberto, quando arrivò, l’aveva cercata subito, indispettito, lasciando il braccio della donna che accompagnava, come se questa non esistesse e la donna, anch’essa, pur bella, rimase come inerme ed estranea alla musica e al rumoreggiare del locale, al centro, anche se non centro, della stanza.

Fu allora che Anna alzò verso loro lo sguardo e, per un attimo, gli occhi delle due donne si incontrarono, o forse, così sembrò ad ella, in un palese riconoscimento dell’altra nell’avvicinarsi di un destino ineluttabile al quale nessuna avrebbe osato sottrarsi.

L’altra abbassò lo sguardo ancor prima che…

-Tu sai…, sussurrò Anna, mimando con le labbra.

-Che cosa hai detto? Chiese uno dei ragazzotti che la circondavano, ma lei non gli rispose, facendo un cenno con la mano per sottolineare la scarsa importanza delle parole.

Alberto se ne stava in disparte, fumando, a godersi lo spettacolo che Anna dava di sé ed aveva aspettato che fosse lei ad avvicinarsi.

L’uomo era vestito con gusto, la camicia bianca con il colletto leggermente aperto sul vestito nero di buon taglio, che cadeva perfettamente sul corpo atletico e le scarpe nere, lucide come in quel periodo se ne vedevano veramente poche. Se non fosse stato per il modo trasandato di tenere la camicia aperta e i lineamenti virili, segnati da profonde occhiaie, dovute alle lunghe notti dissennate, si sarebbe confuso tra i damerini da night-club, che tanto erano alla moda in quel periodo.

– Hai finito?

Le chiese Alberto, quando, fingendo di essersene appena accorta, andò, quasi come spiacente, verso di lui.

– Di fare che?

Rispose, sorridendo furbescamente, Anna.

– Lo sai bene e lo fai apposta.

– Non è colpa mia; volevano un mio parere su cosa sia oggi la moda ed io ho cercato di rispondere. A proposito, domani esce un mio articolo, compra il giornale.

– Lo sai che ti leggo sempre, mi piace come scrivi. Anche ad Elena piaci molto. Dice che sapresti trasformare in una signora anche una donna insignificante.

– Tua moglie ha buon gusto, si vede.

Un leggero tremito percorse la bella bocca.

– Non essere ironica, Anna, Elena è una donna leale.

– Forse non lo sei tu.

– Non so cosa tu abbia stasera. Credevo fossi contenta di rivedermi. Io ero ansioso di incontrarti. Mi sono accordato con un amico che riporti Elena a casa; a lei non piace questi incontri tra uomini.

– Anch’io sono una donna.

– Sì, lo so, ma tu sei diversa e capisci queste cose. Stanno succedendo strani avvenimenti che non mi piacciono. Ieri, nella sede del partito, hanno trovato una lettera di minaccia. Ho bisogno di te, lo sai, per avere certe notizie; tu conosci il direttore del giornale e lui dovrebbe essere al corrente di certe informazioni.

– Vedrò cosa posso fare.

Così, mentendo, rispose Anna, abbassando improvvisamente gli occhi, perché lui le sfiorava con delicatezza il viso, scostandole i capelli scivolati sulla fronte.

– Mi sei mancata.

Il tono di Alberto si era abbassato, in quell’intimità che impauriva Anna.

Devo sopportare, pensava, scansandosi, quasi con un moto di lieve fastidio. Lui sembrava non accorgersene, tutto preso dalla sua bellezza e dal respiro caldo che lei emanava e dall’atmosfera satura di fumo che li avvolgeva.

– Ho saputo, perdonami, non potevo venire, ma so che per te è stato meglio così.

La frase cadeva tra loro come una notte ferita.

Ora lo odiava.

Aveva percepito lentamente crescere in lei questa emozione come un’onda spingersi forte verso la risacca. Si sentiva mancare e voleva aria, ma il capogiro la fece avvicinare di più a lui, che se ne accorse e la sostenne, interpretando il movimento come naturale reazione.

–  Ti accompagno a casa.

Anna se ne stava appoggiata a lui e si lasciava trasportare, in silenzio, pensando se avesse avuto ancora la forza per fare l’amore l’ultima volta, come lei già aveva deciso e voltandosi ancora verso la nebbia della stanza, aperta la porta all’aria fresca della notte, l’odore acre della strada la investì in pieno, lasciando in lei la convinzione che, dopo questo, sarebbe stata in grado di sopportare tutto.

 

(3-continua)

IL RICONOSCIMENTOultima modifica: 2009-08-08T11:24:00+02:00da
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