CHI DICE DONNA

PUR MANCANTE

 

continuo dal mio post precedente

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La strada era dritta e la pioggia cominciava a battere forte lasciando a Marina poca visibilità nella guida. La macchina poi, una vecchia Rover, cominciava a dare piccoli segnali di cedimento dopo 15 anni di tenuta perfetta; era arrivato il momento di cambiare le sospensioni o di cambiare macchina.

Marina aveva paura a guidare di notte, soprattutto in autostrada, dove bisogna andare veloci e prestare attenzione ai camion che ti sfiorano sprezzanti e che ti creano un vuoto d’aria mentre l’acqua ti arriva di getto, senza possibilità di tregua per i tergicristalli. Di solito, nei viaggi lunghi, si faceva accompagnare da Luca e ora Giorgio non la poteva aiutare. Se ne stava abbandonato sul sedile, con il volto così pallido che Marina lo teneva sotto osservazione con la coda dell’occhio, attenta ai suoi movimenti.

Entrò in autostrada e si immise nell’A4. Dopo un’ora e mezza di guida incessante in silenzio, decise di fermarsi al primo autogrill per accertarsi delle condizioni di Giorgio e per rilassare un po’ i muscoli in tensione.

Si fermò sullo spiazzo del parcheggio davanti la scalinata dell’Autogrill. Pioveva forte, e Marina cercò di calcolare mentalmente la distanza tra la macchina e la porta dell’entrata. Forse, correndo, non si sarebbero bagnati molto.

Giorgio”, Marina provò a chiamarlo, accarezzandolo dolcemente per svegliarlo, “dai, Giorgio, svegliati…”

Giorgio aprì gli occhi e si portò istintivamente una mano al viso. Dalle fessure, tra le dita, vide Marina e le sorrise, “Ciao”, cercò di riassestare veloce i vestiti, “scusami, non sono stato granché di compagnia”

Come stai? Se vuoi scendiamo e ci prendiamo qualcosa da bere, adesso avrai anche fame, immagino. Vuoi che mi avvicini di più con la macchina all’entrata?”

Ma no, non fare la mammina adesso! Guarda, sto bene, avevo solo bisogno di una dormita”, e dicendo così, alzò il bavero della giacca, aprì la portiera della macchina e scese velocemente sotto la pioggia battente. In quattro balzi fu sulla scalinata. Da lì le fece cenno di raggiungerlo, in maniera scanzonata.

Così, quella figura, le fece tenerezza. Lo trovò, per un istante, bello. I capelli radi e sottili, di quell’uomo; com’è bambino, pensò. L’immagine forte e virile del marito ritornò come vivificata e la confrontò con quella sbiadita dell’uomo sconosciuto che aveva di fronte. Solamente quando parlava con lui, le emozioni sembravano riaffiorare intense. Com’è strano l’amore! Ami qualcuno, che può essere facilmente sostituito in qualsiasi momento; qualcuno che non è indispensabile. Crei nel tempo un legame doppio, triplo, quando si hanno figli, parenti che si amano altrettanto. Sarebbe stato bello perdere tutti i legami…, vedere cosa c’è oltre. Quando aveva iniziato a lavorare, ogni giorno con la macchina percorreva un tratto di strada molto pericoloso, perché era una strada che costeggiava il fiume e dall’altro lato il terrapieno. La strada si snodava in curve pericolose, che si addentravano dentro la campagna. La pianura padana era un’immagine d’amore della natura, soprattutto quando dalla nebbia scorgeva il fiume e poi un raggio di sole illuminava il fogliame rado e verdastro. Niente a che vedere con il verde dei pittori, che utilizzano quel verde umbro, intenso e pastoso. Il verde della pianura era di un verde che consola, un verde schiumoso di animali da cortile, un verde così misterioso da non poter essere copiato nell’arte, nemmeno dalla fotografia. Quando sentiva la bellezza della natura, quando sentiva che le arrivava quella sensazione così intensa di far parte di qualcosa di grande e di intensamente unico e irripetibile, proprio allora pensava alla morte, alla crudeltà inflitta nel dover lasciare quella bellezza e pensava a come sarebbe stato. Sarebbe bastata una piccola negligenza, lasciare per un attimo il volante, volare nel fiume e capire allora cosa voleva dire “lasciare”. Proprio un giorno le era capitato qualcosa di simile; una moto le aveva tagliato la strada e aveva sterzato bruscamente, cadendo nel terrapieno; la macchina si era distrutta, ma lei, per fortuna, non si era fatta niente. Aveva preso solo un grande spavento.

Di notte, ripensando a quell’episodio, le era venuto il sospetto di aver sterzato apposta e che il desiderio di “lasciare” si fosse presentato poco prima della sterzata improvvisa. Era stata forse una premonizione? O un desiderio?

In quel momento sentì il bip del cellulare che aveva dimenticato sul sedile posteriore. Le era arrivato un sms. Era Luca che le scriveva: Ti amo. Ho preso la macchina e ti raggiungo a Milano.

Luca in quel momento non sapeva quello che stava facendo. Gli era sembrato di essersi comportato da vigliacco, lasciare Marina andare via così, con quello sconosciuto. Aveva preso la sua macchina e aveva deciso di raggiungerla. Non sapeva nemmeno dove, ma da qualche parte l’avrebbe trovata.

Marina mise il cellulare dentro la borsa e scese velocemente dalla macchina.

L’aria era fredda e la pioggia cadeva giù che sembrava la fine del mondo; per un attimo respirò anche l’acqua e si ritrovò improvvisamente bambina.

(CONTINUA)

*le foto sono tratte dal web e non hanno alcuna attinenza con il racconto

PUR MANCANTEultima modifica: 2009-10-08T19:30:00+02:00da
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