CHI DICE DONNA

EPPURE IL MONDO SI DIPANA…

 

Mi accorgo di allungare a dismisura il racconto e taglio molto: ad es. c’era tutta una parte molto intima che accade a Silvia, ma che al fine dello svolgimento della storia non comporta cambiamenti. E’ come se il mondo si dipanasse senza tener conto dei suoi protagonisti. E’ quanto succede a Rosarno o in queste ore ad Haiti, ma non solo, anche nella casa del nostro vicino: che ne sappiamo noi della vita di questi uomini e donne? Di loro a nessuno importa, come non ci importa della storia di Silvia. Ma noi sappiamo che la loro vita ha un senso nel senso che il mondo  dipana…

 

CONTINUA DAL POST DEL O9/O1/2010

Mentre stava percorrendo la strada verso casa, si ricordava quel breve tratto percorso quel giorno insieme all’amica, la felicità di sentirsi finalmente libera, libera di fare quello che voleva. Era come camminare leggera senza oppressioni o sensi di colpa. Poi, man mano si avvicinava al negozio, cominciava a sentire una lieve titubanza, tanto che all’ingresso, fu l’amica a spingerla ad entrare.

Il tabaccaio le accolse con un grande sorriso. Sembrava un ometto insignificante dietro il grande bancone.

“Margherita, sei venuta oggi con l’amichetta? Volete … ?”, porgeva un po’ di caramelle con la mano, facendo cenno di prenderle.

Guardava come si comportava Margherita, che non pareva più la stessa bambina, era come diventata più grande. Quel tipo, nonostante il sorriso e le caramelle non sembrava proprio una persona rassicurante: in testa portava una specie di parrucchino che lo rendeva ancora più assurdo e ridicolo. Insieme a Margherita si avvicinò al bancone per prendere dalle mani le caramelle e il tabaccaio approfittò per bloccarle la mano.

“Tu a lei non la tocchi, è ancora piccola, hai capito?”, gli sputò quasi addosso Margherita.

“Come ti chiami?”, il tabaccaio continuava ad ignorare Margherita.

“Silvia”, gli rispose indecisa.

“Vediamo la mano, Silvietta bella. Capelli rossi…, sei una bimba cattivella, Silvietta cara! Devo insegnarti io ad essere buona…”

Margherita schiaffeggiò la mano del tabaccaio che cercava di trattenere con forza la mano di Silvia, impietrita dalla paura; capiva che stava succedendo qualcosa di grave, ma non aveva la forza di reagire, come se le gambe le impedissero di scappare. Poi il tabaccaio verso l’amica fece un gesto improvviso.

“Andiamo, allora”, si diresse verso una porta dietro il bancone.

“Tu stai a guardia”, intimò Margherita a Silvia.

Il tabaccaio e Margherita entrarono insieme dentro la stanza e chiusero la porta. Silvia non sapeva che fare, si guardò in giro per scegliere qualche oggetto da portar via e si fissò su una piccola bambolina, Skipper, la sorellina di Barbie, bambola insignificante, ma che comunque risultava personaggio essenziale quando si trattava di intrecciare le storie delle bambole con le amiche; poi si stufò di aspettare ma non voleva lasciare l’amica da sola. Andò verso la porta e l’aprì.

Margherita era in piedi. Le mutandine abbassate. E il tabaccaio se ne stava accucciato sulle ginocchia; non capiva cosa stesse frugando con le mani sotto la gonna dell’amica.

Margherita si girò verso Silvia e impallidì.

“Aspetta…”

“Sei una bugiarda!”, le gridò Silvia e diede uno spintone al tabaccaio che stramazzò seduto al suolo. Scappò via di corsa, fuori dal negozio, fuori all’aria pulita.

Si mise a correre come una pazza, nel breve tratto fino a casa sua.

Ora i fiocchi di neve cadevano di traverso con forza e si pentì di non aver portato con sé la lunga sciarpa di lana viola.

Si ritrovò nell’androne del condominio. Non voleva salire, sua madre avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava; forse doveva dirle quello che era accaduto ma si vergognava troppo della propria ingenuità. Cercò di sorridere, fu come indossare una maschera, per cancellare le lacrime.

Non lo disse a nessuno.

Quella volta era entrata a casa e si era rintanata in camera sua. Nessuno comunque si accorgeva mai della sua presenza, tutti presi a controllare i movimenti del fratello. Sedette, stremata dalla corsa, sul pavimento della camera e solamente lì si guardò tra le mani e si accorse di aver rubato, di aver portato con sé nella fuga anche la piccola sorella di Barbie: lanciò rabbiosamente la bambolina sul muro.

Ora, dopo tanti anni, per la prima volta rientrava in quella casa senza portare niente con sé… Dal giorno di quell’episodio, sempre le capitava di portare via qualcosa in qualsiasi luogo andasse: dai negozi, dalle case degli amici.

Con Margherita non parlò mai di quel furto anche se l’amica non tornò più a casa sua per fare le lezioni insieme. E lei l’aveva come rimosso, fino a quel giorno…

Era arrivata alla stazione, dopo un’insoddisfacente colloquio di lavoro,  in uno stato d’animo di tristezza e poi …, poi li aveva visti.

Li aveva visti così felici quei due, nella sala d’aspetto, mentre se ne stavano abbracciati, l’uno perso nell’altra. Lei era il ritratto della felicità, quella donna sconosciuta dai capelli biondi e il cappottino di pelle nera, e quell’uomo che se la teneva stretta come se fosse stata l’ultima occasione di incontro. La donna stringeva con amore quei pacchetti, e per un attimo la invidiò. Avrebbe voluto essere al suo posto, avere un uomo che la stringesse a sé con la stessa dolcezza e passione. Poi la donna aveva appoggiato quei pacchetti sulla panchina e lei d’istinto e senza pensarci, approfittando della distrazione dei due, li aveva presi e si era allontanata velocemente salendo sul primo vagone del treno.

Durante il viaggio, i sensi di colpa la facevano star male e aveva preso dalla borsa il biglietto per leggerlo. Aveva capito che non poteva appropriarsene, l’amore non si ruba, così aveva lasciato consapevolmente quei pacchetti sul sedile del treno: dovevano tornare al proprietario legittimo e sentiva che sarebbe successo così…

(continua… verso l’ultima parte)

*le foto sono tratte dal web e non hanno alcuna attinenza col racconto

EPPURE IL MONDO SI DIPANA…ultima modifica: 2010-01-16T10:20:00+01:00da
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