CHI DICE DONNA

CACCIARI FOR PRESIDENT

CACCIARI FOR PRESIDENT

 

Ieri notte aspettavo una stella.

Per esprimere un desiderio.

Penserete all’amore.

Alla salute.

Alla famiglia.

Al lavoro.

Al successo.

Macché!

L’aspettavo per un Massimo Cacciari Presidente del Consiglio.

Mi dispiace per Cacciari (non interpellato a proposito), ma ieri notte nel mio cielo non svolazzava e cadeva manco una stellina.

Sicché penso rimanga solo un desiderio.

Ma provo con questo post, magari arriva come suggerimento…

In questo fine settimana festaiolo, in cui scoppiano fuochi d’artificio pure tra le sedie del Governo e del Parlamento, e in cui stelle fini-scono nelle stalle…, mi toccherà alzare gli occhi al cielo e sperare.

Perché mica per tutti posso votare!

 

P.S. e se non si va al voto, pre-vedo (ma non occorre essere maghi) grandi accordi in arrivo…, promesse importanti che cambieranno l’assetto costituzionale.

 

 

Intanto… CONTINUO IL MIO RACCONTO.

Alessia prende una decisione. L’incontro con una donna, Elena, segna improvvisamente il suo destino.

Continua dal post precedente.

QUI tutto il racconto fino a questo punto.

UN VIAGGIO IN INGHILTERRA

 

Ora aveva sete, e voleva qualcos’altro. Doveva contattare Elena al più presto.

L’aveva conosciuta un giorno d’inverno.

Si era presentata come una giornalista che doveva prepararare per il suo giornale un servizio sulla vita delle ballerine di lap dance.

Carlo, come al solito, quando si trattava di fare un po’ di public relations, mandava Alessia perché di lei si fidava, sapeva parlare, era ‘pulita’ e così anche quella volta, quando la giornalista si era dimostrata interessata a fare alcune interviste, le aveva dato il suo numero di cellulare.

Si erano incontrate alle undici di mattina in un bar che si affacciava sulla Piazza dei Signori, davanti alla Loggia della Gran Guardia. Il bianco palazzo, sulla scalinata, anche d’inverno, era pieno di ragazzi e ragazze, per lo più studenti, che mangiavano panini e ridevano e si godevano lo splendore di una piazza priva delle solite bancarelle del mercato, che spesso la coloravano di stoffe e di rumori.

Elena arrivò all’appuntamento in un tailleur beige e subito Alessia la guardò con diffidenza: non aveva l’aspetto di una giornalista.

Elena aveva un corpo perfetto e sinuoso e splendidi capelli castani che la rendevano palpitante di sensualità, nonostante la camicetta bianca sotto la giacca togliesse ogni istinto seduttivo all’abito. La sua mascella volitiva denotava un autocontrollo malcelato da un tic involontario della bocca.

“Ciao, sono Elena”, allungò la mano alla bionda ragazzina che timidamente se ne stava seduta sulla sedia rossa del bar.

“Alessia”, le rispose svogliatamente. Il caffè non aveva ancora fatto il suo effetto.

“Bene, allora sei tu la ragazza che mi ha segnalato Carlo, a dir la verità mi aspettavo una persona diversa”, si sedette vicino ad Alessia, con un sorriso professionale.

Il tic le sollevò impercettibilmente l’angolo sinistro del labbro.

“Anch’io la credevo diversa”, la spiazzò, sorridendo per il tic.

“Be’, sembri proprio una ragazzina, sei giovanissima!”, Elena non si faceva intimorire certo da una bimbetta scontrosa.

“Ho ventidue anni, non sono minorenne se intende dire questo”, la odiò per il suo modo confidenziale e avrebbe voluto troncare subito l’intervista.

“Scusami per il ‘tu’, ormai mi sto abituando ad usarlo con tutti”

Elena aveva subito capito il tipo di donna che le stava di fronte, una di quelle che puoi bastonare ma se non usi una forma di rispetto verbale s’incazzano di brutto. ‘Saputelle sbruffoncelle innocue’, ecco come le definiva.

“Posso farti alcune domande? Carlo mi ha detto che mi puoi spiegare come funziona il vostro lavoro, mi ha detto che studi… Cosa studi all’Università?”

L’intervista si svolse pacatamente, Elena si addentrava anche su aspetti della vita intima che lei non aveva mai preso in considerazione. Le aveva chiesto il perché di quella scelta di lavoro. Non ci aveva mai pensato.

“Perché mi piace ballare e sono brava a ballare. Il mio sogno era diventare ballerina classica, poi ho abbandonato…”, le aveva risposto così con noncuranza, poi ci aveva riflettuto. Lei abbandonava spesso, trascurava, non si addentrava nelle cose, come se i fallimenti non dipendessero da lei, ma dal fato. Aveva così tanta paura di fallire che minimizzava, non si impegnava a fondo. Quando da ballerina avrebbe dovuto sforzarsi di più negli esercizi e nell’allenamento per ottenere qualche risultato migliore, aveva lasciato tutto, dedicandosi alla scuola e allo studio.

Poteva diventare una brava ballerina? Non lo avrebbe mai saputo.

E ora la stessa cosa le succedeva nello studio, non voleva nemmeno tornare all’Università, la tesi la percepiva come qualcosa di insignificante. Stava forse fallendo di nuovo? Si stava preparando ad un nuovo fallimento?

Il servizio d’inchiesta uscì nell’inserto del giornale qualche settimana più avanti, con il titolo:

LE BALLERINE DI LAP DANCE: BABY STUDENTESSE E CASALINGHE CON I TACCHI

NON SOLO SESSO MA STUDIO E DANZA CLASSICA

L’articolo fece clamore, alludendo alla bontà del lavoro in quei locali, accusati spesso di prostituzione e di spaccio, e il locale di Carlo, che si intravedeva nella foto pubblicata nel giornale, ebbe un’impennata nella clientela.

Quando lo lesse capì che Elena aveva riportato fedelmente quanto lei aveva detto ed aveva sorriso tra sé.

Nell’articolo Elena l’aveva descritta come una studentessa modello, una ragazzina acqua e sapone, una specie di ‘biancaneve in attesa del principe’, dalle idee confuse, consapevole della difficoltà di conciliare il lavoro con lo studio e con visioni contradditorie sul proprio futuro.

Le compagne di lavoro erano state descritte come brave mamme di casa, costrette ad un lavoro a tratti svilente, ma che comunque garantiva una buona paga e in maniera sicura.

Era davvero così?

Se pensava alla droga, allo sballo continuo e al corpo che comunque non avrebbe retto dopo qualche gravidanza: non era certo una questione di cellulite o di smagliature, ma la necessità di avere una vita tranquilla, che induceva spesso le sue amiche a lasciare il lavoro. Era un ambiente pericoloso e non solo per la droga. Quante di loro erano state minacciate, quante mandate all’ospedale da qualche balordo che le perseguitava? Quanta prostituzione e sesso a pagamento?

Si sentì sporca e falsa per quello che aveva detto alla giornalista.

Mentre era affacciata sul ponte a vedere l’acqua scorrere, le apparve tutto chiaro.

Prese il cellulare e chiamò.

“Elena? Ciao, sono Alessia…”

(CONTINUA)

 

 

P.S. la foto è liberamente tratta dal web e non ha alcuna attinenza con il contenuto del post.

QUI per contribuire allo sviluppo di genialità incompresa

 

 

CACCIARI FOR PRESIDENTultima modifica: 2010-08-14T10:00:00+02:00da
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