CHI DICE DONNA

PROBLEMI DI COMPETENZA

Devo ammetterlo, l’unica cosa in cui sono competente è nell’essere “donna”.

 

Potrebbe essere uno slogan, ormai.

 

Questa domanda me la faccio spesso, e me lo chiedo soprattutto quando si consultano le donne su tematiche e questioni di genere, cosa che ritengo giustissima soprattutto in questo periodo in cui il “maschio” sembra essere in crisi, ma il pericolo di cadere in una sorta di banale autoreferenzialità, a parlar di se stesse quando si potrebbe guardare al mondo nella sua interezza, è sempre presente.

 

E allora fare un Elenco delle cose che le donne non vogliono mai più sopportare mi fa così ridere!

Pensiamo se fosse stato presentato l’Elenco delle cose che gli uomini non vogliono mai più sopportare: mi avrebbe sicuramente causato un sano conato di risata… E nessun uomo, se non qualche comico simpaticone, l’avrebbe mai stilato!

 

Forse sono io che guardo al mondo nella sua interezza… e sogno come Sibilla Aleramo, inchinandomi alla Sua Poesia quando scrive:

 

 

Aiutatemi a dire! Così grande

quel che il mio petto sommuove

visione fonda dell’avvenire

amore del tempo che si prepara

e passione e orgoglio per la sofferenza d’ora,

così grande, aiutatemi a dire!

 

Non solo nel mio petto, in altri innumeri

nel terrestre immenso spazio

immensa certezza respira

del mondo qual sarà nell’atteso domani,

umano mondo di compatta giustizia,

savio sorridente trasparente cristallo.

 

Innumeri siamo a prepararlo

quel limpido globo di gioia

ove niuno più mai onta avrà di propria specie,

più mai eccidi si compiranno né stupri né

[inganni,

e il lavoro di tutti fiorirà quasi prolungando

l’alacre trastullarsi del bimbo.

 

Ma non inerte attesa la nostra, oh dura passione,

oh masse di popolo per tutta la terra

fra paludi fra roventi e giù nelle miniere,

oh genti oppresse antiche e nuove,

oh volontà ferma di redenzione, oh sollevamenti,

oh fiere grida a prezzo di carcere e sangue,

sangue sul selciato che le stessi genti piantarono,

sangue e lacrime più forte di quelle selci

la certezza frattanto viva nei cuori

l’amore per i fratelli nel dolore d’oggi

per i fratelli nella conquistata dolcezza domani.

 

Così grande, aiutatemi a dire,

la meraviglia di questa ardente unione,

di questa nel patimento e nel sacrificio

imbattibile vita dell’idea,

alta idea che tutti accumuna i credenti

[in lei,

 

da quelli che rudemente faticano,

arano la nuda terra

alzano babiloniche torri

caricano navigli picchiano metalli,

ai sapienti che il moto degli astri scrutano

o a quelli che in lievi sillabe tentano

fissare il ritmo e la melodia de le stagioni

[eterne.

Così grande, aiutatemi a dire,

questa che nel mio petto e in altri innumeri

nel terrestre immenso spazio

immensa certezza respira

del mondo qual sarà ne l’atteso domani,

umano mondo di compatta giustizia,

savio sorridente trasparente cristallo

limpido globo di gioia di vita.

 

Amalfi, gennaio 1950

(da Luci della mia sera, di Sibilla Aleramo)

 

 

 

 

 

 

(dal post precedente de

IL COLLEZIONISTA DI FINALI)

 

“Non ne vale la pena.”

Sentì una voce proprio dietro le sue spalle; si girò e lo rivide. “Ah, sei tu”, si riferiva al ragazzo scoiattolo, “Non piango per lui, se proprio ti interessa…, piango per la rabbia. Ma tu, mi stai seguendo?”

“Mi chiamo Arturo, scusa per prima”, e allungò la mano porgendole un pacchetto di fazzoletti di carta.

“Ah, io Anna. Vai sempre in giro a combinare guai?”, gli sorrise accettando con piacere i fazzoletti; il naso le colava in maniera disgustosa.

Si misero a ridere insieme. Arturo le aprì il portone, che dava sulla piazza centrale di Padova. Cominciavano a intravedersi le prime luci dell’alba.

“Dove abiti? Ti accompagno se vuoi, a quest’ora non è bello girare da sole…”

“Voglio aspettare le mie amiche; doveva accompagnarmi Filippo a casa e non ho preso accordi con loro… Abito a Legnaro.”

Legnaro era un paesino ad una decina di km da Padova, a quell’ora sarebbe stato quasi impossibile trovare un mezzo pubblico.

“Se ti fidi ho la macchina qui vicino. Giuro che non farò come Filippo…”

Si sentì arrossire fin sulla punta delle orecchie, al pensiero che quello sconosciuto le avesse visto alcune parti intime e in atteggiamenti così spinti.

“Mi dispiace, non dirò niente a nessuno, se questo può rassicurarti”

“No, ti sbagli, per me Filippo non è importante, quello che mi fa arrabbiare è non essermi resa conto di quanto fosse stupido e, anzi, ti devo ringraziare, perché senza di te forse stasera io e Filippo…, be’, capisci…”

Camminando erano arrivati alla macchina di Arturo, una vecchia bmw. Cominciava a piovigginare e s’infilò dentro, al riparo nella macchina. Arturo, chissà perché, le sembrava un vecchio amico, anche se non si conoscevano.

Scrisse un sms alle amiche per dire che aveva trovato un passaggio per tornare a casa e di non preoccuparsi.

“Che scuola frequenti?”

“Il liceo classico, terza liceo, qui a Padova, e tu?”

“Sono al primo anno di Lettere; quest’anno hai la maturità allora?”

“Già, sarà dura…, vedremo”

Dopo questi pochi scambi di parole non sapeva cosa dire. “Come mai ti trovavi a casa di Filippo?”

“Alberto, suo cugino, frequenta la mia stessa facoltà e mi ha invitato. Suo cugino ha una biblioteca splendida, mi aveva detto. Ed è vero, solo che ci sono capitato nel momento sbagliato e certamente non potevo immaginare che ci sareste entrati in quella maniera”, rispose ironicamente.

“Potevi anche fermarci… Ho visto che avevi tra le mani quel libro. Hai notato anche tu? Mancava la pagina finale…”, cercò di cambiar discorso.

Un lampo di cattiveria gli ombreggiò il volto: “No, l’ho preso per caso”

“Pensa a chi leggerà quel libro…, ad un certo punto si troverà che non ne conoscerà il finale. Vorrei vedere la sua faccia in quel preciso momento” e si mise a ridere allegramente.

“Come fai a non capire l’importanza di questo?”

“A non capire cosa?”

“Lascia stare…”

Ripiombò il silenzio. Erano quasi arrivati ed Anna non aveva assolutamente voglia di ricominciare a parlare. Gli occhi da scoiattolo di Arturo erano diventati due fessure feroci. Si rilassò quando vide il profilo della sua casa.

“Lasciami pure qui, sono arrivata. Grazie del passaggio.”

“Di niente, grazie a te per la compagnia”

Accostò al marciapiede e la vide scendere. “Ciao, allora” e lo salutò come una bimbetta con la manina.

Ripartì con il motore rombante. Almeno in questo lasciava trasparire le sue emozioni.

Sua madre dormiva tranquilla e lei si rifugiò in camera sua.

Ripensò a quello strano tipo. Un attimo prima era un ragazzetto insignificante e remissivo e poi, in macchina con lei lo aveva sentito farsi forte, adulto, quasi minaccioso.

La notte sognò scoiattoli che si trasformavano in enormi topi giganti.

 

Arturo arrivò a casa. Parcheggiò la macchina in garage. La porta dava sulla scala che lo portava diretto in camera sua. Sentì sua madre gridare: “Sei arrivato?”

“Sì, mamma, vai a dormire, tutto bene”

Da quando suo padre era morto, la madre era diventata per lui un’ossessione. Lo assillava continuamente: Hai fatto l’esame? Quando mi porti una ragazza a casa? Vieni a mangiare che mi diventi troppo magro! A che ora torni di notte! Non rientrare tardi…Cosa fai tutto il giorno a casa?

Sperava che prima o poi si rifacesse una vita, aveva solo una cinquantina d’anni, anche se la sua giornata era cadenzata da ritmi tranquilli. Di mattina si alzava presto per andare a Messa, al cimitero a far visita al marito, e poi a far gli acquisti per il pranzo e la cena.

La cucina era la sua vera passione.

Ogni settimana preparava un menù diverso, con il pretesto di conoscere le varie Regioni d’Italia: stava ancora male al pensiero della ribollita che aveva vomitato per due giorni perché, nonostante l’applicazione assidua e la volontà costante, i risultati continuavano a mantenersi pessimi.

Povera mamma!

Ma non voleva riservare quella notte a pensieri molesti.

Quella notte il sonno lo colse veloce, senza turbamenti.

Si addormentò addentrandosi in cosce bianche e sognò percorsi di latte da succhiare.

 

(CONTINUA)

 

PROBLEMI DI COMPETENZAultima modifica: 2010-11-27T14:44:00+01:00da
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